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Alle volte non basta

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Alle volte non basta.
Non basta essere stato uno dei pochi elementi di spicco nella scorsa stagione. Non basta aver trascorso un’estate da chierichetto ligio al decalogo dell’atleta, essersi presentato tirato a lucido alla ripresa degli allenamenti. Non basta essere diventato uno yesman accettando condizioni di lavoro castranti. Non basta essere il miglior Antonio Cassano mai presentatosi a un ritiro per rimanere alla Sampdoria.

C’è una certa tragica ironia in tutto questo, ma del resto quando si parla di Fantantonio niente va come ci si sarebbe immaginati. Perché nessuno si sarebbe mai aspettato 15 anni fa che un ragazzo con il suo talento avrebbe finito con l’innamorarsi di una piazza che poteva offrirgli poco più di una salvezza, fatta eccezione per una singola annata. Ma ormai lo sappiamo, quando si tratta di Antonio Cassano è inutile cercare di fare previsioni.

Come è altrettanto inutile farle quando si tratta di Massimo Ferrero, che da affezionato seguace della vox populi ha scelto invece questa volta di compiere la scelta meno popolare e logica di tutte. Anzi no, a ben pensarci la scelta di allontanare Antonio Cassano dalla Sampdoria, di metterlo fuori rosa come un indesiderato qualunque, acquista un certo senso nel modus operandi del presidente romano, che prima sceglie Walter Zenga, poi lo esonera e poi se ne pente; quindi punta di forza su Vincenzo Montella, salvo poi fare di tutto per farlo andare via, sponsorizzandolo a Tavecchio e a Berlusconi, per poi dichiarare che in realtà né l’attuale allenatore del Milan, né l’Uomo Ragno sono stati allenatori scelti da lui. In quest’ottica, l’aver riportato a Genova Cassano per poi metterlo alla porta prima e nell’angolo in castigo poi, non segue altro che il filo (il)logico di scelte messe in atto da chi è alla testa della Sampdoria dal 12 giugno 2014.

A questo punto non resta altro da fare che augurarsi né lui né nessun altro debba pentirsene alle prime sconfitte, ai primi fischi alla tribuna, prendendo poi in considerazione l’idea di tornare sui propri passi. Perché è vero che solamente gli stupidi non cambiano mai idea, ma il perseverare nei ripensamenti, in un senso o nell’altro, sta acquistando più che mai il gusto amaro della presa in giro.

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