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Editoriale

Quando Ante Coric fece vincere la Sampdoria

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La Sampdoria è data vicina ad Ante Coric, classe ’97 della Dinamo Zagabria. Un bel talento, che due anni fa conobbi nella mia carriera da manager.

Oggi lavoriamo di fantasia videoludica. Chi mi legge su SampNews24 non sa che tre quinti della mia giornata lavorativa sono dedicati ai videogiochi, chi mi legge su SpazioGames non sa che un quinto della mia giornata lavorativa è dedicato alla Sampdoria. I più attenti, però, sanno che da oltre dieci anni è l’industria videoludica che mi ha permesso di crescere professionalmente e di imparare il mestiere che esercito da lustri. Avere a che fare quotidianamente con i videogiochi comporta l’indossare dei panni pesanti, impegnativi, non sempre divertenti, ma significa anche avere un occhio sempre pronto e attento dinanzi a un gioco. E inevitabilmente, per unire le due realtà, la attenzione cade più facilmente su quei videogiochi che simulano il calcio: Fifa, Football Manager, PES, in questo ordine di preferenza, per me. Football Manager, in ogni caso, è dove ho trascorso svariate ore del mio tempo libero, nel tentativo di condurre la Sampdoria sul tetto del mondo, ad alzare i più ambiti trofei a disposizione del nostro sport preferito. Un anno ho anche curato i dati della Sampdoria all’interno del gioco, passando poi la palla, per gli anni successivi, al nostro redattore Samuele Aiesi, che da anni mi ha sostituito adeguatamente in questo ruolo di ricerca. Per chi non lo sapesse, stiamo parlando di un manageriale calcistico che permette di avere una gestione completa della propria squadra: gli acquisti, le cessioni, la formazione da schierare in campo, gli allenamenti, la crescita dei giocatori, il rinnovo dei contratti, la rete degli osservatori. È quel gioco che permette di svegliarti la mattina e decidere di spedire per un mese Pecini in Croazia, obbligandogli di trovare almeno cinque talenti da riportare in Italia.

Due anni fa fu questo il destino di Pecini, alla mia seconda stagione da manager della Sampdoria. Dopo il primo anno di assestamento, con qualche cessione, qualche rinnovo oculato, qualche novità in mezzo al campo, iniziai a puntare tutti i talenti che sapevo sarebbero esplosi: l’avversario è pur sempre l’intelligenza artificiale e che Tielemans diventerà uno dei migliori giocatori europei la mente umana lo sa molto meglio dell’IA. A parte questo acquisto dall’Anderlecht, quindi, – che ha completamente svuotato le casse doriane – mi serviva un centrocampista capace di fare anche l’eventuale esterno d’attacco. Pecini torna dal suo mese in Croazia e mi segnala alcuni talenti, tra cui un classe ’97, stessa annata di Tielemans: si chiama Ante Coric, gioca nella Dinamo Zagabria e non è ancora arrivato in Nazionale (ci arriverà solo quest’anno). Ci provo, inizio la trattativa con i croati e chiudiamo l’accordo a cifre relativamente contenute: non avevo molti soldi, quindi sono costretto a rateizzare l’affare e spendere anche più del dovuto; inserisco una clausola rescissoria al ragazzo di 60 milioni e prometto il 15% della futura cessione alla Dinamo. Praticamente una trattativa a perdere, ma confidavo nel fatto che Pecini avesse trovato un giovane che mi avrebbe dato soddisfazioni in campo. Ante Coric, così, arriva alla Sampdoria e insieme a Tielemans compone la mia linea verdissima doriana. Avevo chiaramente qualche dubbio da risolvere, perché ero ancora scottato dall’investimento su Mastour, il talento del Milan che, così come nella realtà di adesso, non era riuscito a esplodere adeguatamente. Dopo tre stagioni era già reduce da tre prestiti, e nessuno in Italia: per fortuna Coric mi ha subito rallegrato.

Quella stagione non vinsi lo Scudetto, ma arrivai terzo, qualificandomi per i Preliminari di Champions League, senza nemmeno perder tempo con l’Europa League. Ante Coric non vinse il premio come miglior giovane perché Tielemans tenne in piedi un intero reparto da solo. Chiaramente non avevo solo loro: gli accorgimenti in squadra furono diversi, soprattutto perché in difesa Skriniar non era ancora impostato sui livelli di quest’anno. Coric, in ogni caso, da trequartista dietro le punte lentamente lo spostai a seconda punta, accanto a Muriel, perché ho sempre amato la tattica che non si affida a un pilone, a un centravanti, ma a due giocatori di grande movimento che non lasciano riferimenti ai marcatori avversari. Ante, d’altronde, è un metro e 72 d’altezza, fisico asciutto, baricentro basso: nella realtà – così come in FM – aveva un bel dribbling, una bella visione di gioco, e si muoveva benissimo tra le linee avversarie. Con Tielemans fu bella lotta, ma sapevo che in cuor mio avevo creato un tandem che nella realtà non si sarebbe mai potuto vedere: il belga finirà, nel corso di quest’estate, a uno dei top club europei, ma magari adesso Ante Coric riuscirà a compiere quella stessa strada che gli feci fare io a FM. Certo, litigammo un po’ durante la mia gestione, perché alla fine dell’anno successivo il suo procuratore venne a muso duro a chiedere un adeguamento contrattuale, perché prendeva meno della metà di quanto prendesse Quagliarella: gli risposi di no e il rapporto un po’ si complicò. Però arrivammo terzi al girone di Champions League: Coric fece il suo dovere e con le casse gonfie della competizione europea ottenne il suo adeguamento salariale. Tutti felici e contenti, nella finzione videoludica. Ora chissà che la realtà non possa, almeno per metà, emulare quella vicenda.

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