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Budimir, Rodriguez, Bergessio: il fallimento dei numeri 9

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Le ultime tre annate della Sampdoria, passate fra alti e bassi, cambi di giocatori e di allenatori, hanno una costante: il fallimento sistematico dei centravanti, arrivati per garantire gol e punti e finiti quasi sempre nel dimenticatoio

Negli ultimi tre campionati di Serie A giocati dalla Sampdoria, il tifoso blucerchiato ha visto quasi di tutto: la qualificazione all’Europa League grazie ad un fantastico settimo posto, la figuraccia rimediata immediatamente in campo europeo contro il Vojvodina, Derby vinti al cardiopalma, Derby persi senza nemmeno averli giocati, stagioni da doppiette clamorose – derby e vittorie a Milano quest’anno -, un tourbillon di allenatori e giocatori che sono passati da Bogliasco, spesso senza lasciare grandi ricordi di sé. C’è però, in tutto questo, una singolare costante: tutti i centravanti arrivati a Genova hanno miseramente fallito, finendo presto o tardi in panchina e uscendo dalle rotazioni degli allenatori anche per quanto riguarda i cambi durante la partita. Partiamo dalla stagione 2014/15, dove i centravanti di ruolo erano sostanzialmente due: Okaka e Bergessio. Per centravanti intendiamo qui il classico numero 9, l’ariete d’area di rigore dotato del killer instinct. Ecco perché, considerato il lavoro svolto da Okaka su precisa richiesta dell’allora allenatore blucerchiato Sinisa Mihajlovic, non consideriamo l’italo-nigeriano un centravanti classico: le prestazioni del classe ’89, infatti, prevedevano un lavoro a tutto campo, di grande dispendio fisico, e in generale Okaka non è mai stato un vero e proprio bomber da doppia cifra.

BERGESSIO, FLOP TOTALE – Concentriamoci allora sul suo compagno di reparto, Gonzalo Bergessio. L’ex attaccante del Catania era arrivato a Genova con credenziali di tutto rispetto, di vero rapace d’area, giocatore intelligente tatticamente, forte fisicamente e malizioso sotto porta, centravanti da almeno 10-12 reti a stagione. La Samp aveva puntato fortemente su di lui, investendo anche una cifra importante, e l’argentino aveva rappresentato il fiore all’occhiello della campagna acquisti estiva. Qualche problema fisico gli aveva però impedito di essere al 100% per l’inizio del campionato, tanto che il ruolo di titolare era stato affidato da Mihajlovic ad Okaka. Quando poi Bergessio si era ripreso, le cose non erano cambiate: Okaka continuava ad essere parte di un ingranaggio che girava a meraviglia, e le apparizioni del classe ’84 si erano ormai ridotte a pochi minuti di gara, spesso per sostituire l’esausto compagno-rivale. Fatto sta che la stagione di Bergessio alla Sampdoria si è conclusa con 23 presenze in Serie A, condite dalla miseria di 1 gol – al Parma – e 1 assit. A fine stagione, le strade della società blucerchiata e dell’argentino si sono divise con una risoluzione consensuale del contratto, a testimoniare il clamoroso flop dell’attaccante.

LA METEORA RODRIGUEZ – Passando alla successiva stagione, la più convulsa degli ultimi anni, se si guarda al reparto offensivo, la situazione è piuttosto caotica, fedele specchio del campionato condotto dalla Sampdoria: un Cassano non voluto da Zenga, ingombrante figura diventata pedina importante solo con Montella; Eder, che dopo una prima parte di stagione da record sceglie di dare ascolto alle sirene nerazzurre trasferendosi a Milano; Muriel, protagonista di un ottimo avvio di stagione insieme ad Eder e spentosi progressivamente con l’andare del campionato; Quagliarella, arrivato a gennaio dopo la bufera con i tifosi del Torino per riempire il vuoto lasciato da Eder. Piccola parentesi sul classe ’83: con l’età anche lui ha sempre più abbandonato il ruolo di centravanti classico – che non è mai stato propriamente suo – per privilegiare il gioco di squadra e il lavoro fuori dall’area, fattori che quest’anno lo hanno reso una pedina fondamentale per Giampaolo; Bonazzoli, sacrificato in panchina per tutta la prima parte del campionato e mandato poi in prestito a Lanciano; e infine Alejandro Rodriguez, arrivato ad agosto dal Cesena. Poco da dire davvero sullo spagnolo, un acquisto che molti tifosi non hanno capito e non capiscono tutt’ora, autore l’anno precedente di una discreta stagione in Serie A con i romagnoli, ma nulla più. Il suo score personale parla di sole 6 presenze in campionato – e zero gol -, fatte perlopiù di 10 o 15 minuti, mandato in campo – soprattutto da Zenga, solo 2 volte da Montella – per tentare di recuperare alcune partite negli ultimi minuti. Risultato: tanto impegno da parte dell’attaccante, soprattutto in allenamento, ma un anno completamente buttato via.

BUDIMIR, LA SERIE A E’ UN’ALTRA COSA – Arriviamo dunque al terzo centravanti che, a quattro giornate dalla fine del campionato, si può certamente dire abbia fallito: Ante Budimir, arrivato in estate dal Crotone – pagamento della clausola di 1,8 milioni – e apparso fin da subito un pesce fuor d’acqua negli schemi e nell’idea di calcio stessa di mister Giampaolo. Il croato era reduce da un ottimo campionato di Serie B con il Crotone, squadra che aveva letteralmente trascinato in Serie A grazie ad un bottino di reti – 17 in campionato – davvero cospicuo. E’ questo che ha ingolosito la Sampdoria, che ha deciso di rompere ogni indugio e di acquistare il classe ’91, partito come terza scelta nelle gerarchie del mister di Bellinzona ma ben presto scivolato in fondo alle preferenze per l’esplosione di Schick, non preventivabile ad inizio campionato in questi termini. Anche per Budimir, come per i centravanti degli anni corsi, il rapporto minuti giocati – reti è imbarazzante: 10 presenze in Serie A e nessun gol. Certo, non è facile incidere positivamente entrando a partita in corso – anche per questo Schick ha dimostrato di essere un fuoriclasse -, ma Budimir non ha saputo sfruttare neanche le occasioni in cui gli è stata concessa una maglia da titolare, come in Coppa Italia contro il Cagliari, quando il croato ha sbagliato l’impossibile.

QUESTIONE – ANCHE – DI MODULI – Non che ci sia una colpa particolare, da parte dei tre giocatori di cui sopra si è parlato. Certo, probabilmente Bergessio è arrivato a Genova già sul viale del tramonto, e per Rodriguez e Budimir si è fatta sentire la differenza fra campionato cadetto e Serie A, oltre alla competizione interna in una squadra che ha certamente più scelte offensive di Cesena e Crotone. Il perché di un fallimento così vistoso, però, si può spiegare – anche – a livello tattico: i moduli di gioco adottati, ma soprattutto l’idea di calcio predicata dagli allenatori che si sono susseguiti sulla panchina blucerchiata, non ha certamente aiutato. Il diktat tattico di Montella o di Giampaolo, è in questo senso molto simile: palla a terra, scambi veloci e una fluida circolazione di palla. Che poi uno abbia fallito nell’impresa mentre il successore sia riuscito ad applicare meglio la sua idea di gioco, poco importa. Certamente, però, sono, prima ancora che sistemi di gioco, filosofie del pallone che mal si sposano con centravanti d’area di rigore, forti fisicamente e un po’ – si veda Budimir – “legnosi”. In questo senso, se si mette fra parentesi il periodo della Serie B in cui Pozzi ha fatto faville con la Samp, l’ultimo grande centravanti blucerchiato ad aver fatto fortuna, è forse Giampaolo Pazzini: istinto killer, grande abilità nella difesa di palla, insuperabile nel colpo di testa. Non a caso, forse, il modulo di Del Neri – il classico 4-4-2 che privilegia il cross dal fondo – ha aiutato il bomber di Pescia, così come l’anno precedente lo aveva fatto il 3-5-2 di Mazzarri. Che poi giocare in coppia con il Cassano di quei tempi rendesse tutto più facile, è un altro discorso. In fin dei conti, visto il fallimento di tutti quelli che sono passati dopo di lui, va detto che l’ultimo grande “numero 9” della Sampdoria, rimane proprio quello che indossava il numero 10.

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