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Cercansi rabbia e grinta

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Nemmeno nelle più catastrofiche ipotesi annuali avrei pensato che al 15 di febbraio, a poche settimane dall’inizio del girone di ritorno, questa Sampdoria, che ho visto prendere a calci il pallone già il primo di luglio a Temù, mi avrebbe costretto a fissare con attenzione il calendario di Carpi e Frosinone, e a ragionar del loro futuro. Eppure ci ritroviamo qui, adesso, a riflettere di cosa sarà di noi il prossimo 28 febbraio, quando al Luigi Ferraris ospiteremo il Frosinone culone che in queste ultime settimane sta conquistando, nuovamente, il web. Già deboli di nostro, perché tristemente usciti sconfitti dal Matusa nel girone d’andata, permettendo ai ciociari di avere un vantaggio sugli scontri diretti. 

Eppure – di nuovo – la Sampdoria ieri ci ha provato, più delle altre volte, mantenendo la porta inviolata, per la seconda volta in questo campionato: è un dato incredibile, a pensarci, perché il Doria ha la seconda peggior difesa di questo campionato, peggiore anche di quell’Hellas Verona che ha vinto una sola partita in stagione e che ha subito l’imbarcata della manita dalla Lazio giovedì sera, uguale a quella del Carpi che contro la Roma ha deciso di alzare bandiera bianca ai punti. Quello che ai blucerchiati è mancata, ancora una volta, è stata la grinta, la rabbia. Questa squadra, probabilmente, non si è ancora resa conto che è appena a tre punti dal Frosinone, dalla zona retrocessione. Vincenzo Montella dice bene, in un certo senso, non vuole offendere i gialloblù, ma i suoi blucerchiati devono pensare soltanto a loro stessi, senza guardarsi dietro: motivazionalmente è un buon punto di partenza, al netto degli avvenimenti queste parole potrebbero avere un grande senso, se non fosse che un’occhiata nello specchietto retrovisore ogni tanto sarebbe il caso di darla.

C’è da dire, in ogni caso, che ieri Montella ha schierato la formazione che la scorsa settimana avevo invocato du queste pagine. Lungi da me dire che quindi il tecnico mi ha ascoltato – figurarsi se si perde tempo a dare adito ai giornalisti quando indossi i panni di allenatore – ma lo sottolineo esclusivamente per giustificare la mia felicità al fischio d’inizio, vanificata poi nel breve periodo. Senza Muriel si è data più inventiva in mezzo al campo, pur cercando sovente il lancio lungo che partiva da Viviano per Quagliarella, che un paio di volte è riuscito a prenderla di testa, altre volte si è fatto sovrastare. È indubbio che l’Atalanta si è chiusa a più non posso, il catenaccio di Edy Reja non è una sorpresa né un qualcosa che nessuno s’aspettava. Un punto al Ferraris, contro una squadra che ha bisogno di vincere, vale parecchio per gli orobici, che alla classifica non hanno molto da chiedere, né in salita né in discesa. Il loro rifuggiarsi nella propria metà campo, quindi, non ha favorito il giropalla di Montella, almeno non nel passaggio finale, pur avendoci provato in tutti i modi.

La nota lieta è sicuramente Dodô, perché un terzino sinistro così lo sognamo dai tempi di Reto Ziegler, che pur non essendo stato un campione a livello europeo, con la nostra maglia addosso è stato un signor giocatore, che con Cassano dialogava come se parlassero lo stesso dialetto. Il brasiliano è indubbiamente stato l’acquisto giusto di gennaio, così anche Andrea Ranocchia ieri pomeriggio. Certo il difensore ex Inter ha da recuperare un po’ di credito, perché le sue prime uscite non sono state ottimali, ma la sua partita ieri ha dimostrato che l’ex Bari vuole guadagnarsi il riscatto, perché le scivolate sono state tutte tempestive, di testa ha saltato in maniera impetuosa, e la difesa a tre ha funzionato. Cassani e velleità sue a parte. A conti fatti le individualità che non hanno funzionato sono state poche, tra cui Fernando – che probabilmente avrebbe bisogno di qualche settimana di riposo, adesso – e anche Correa, che dopo un buon mese ieri non ha trovato la quadra giusta per essere decisivo, soprattutto quando in area di rigore si è disperato e autonomamente crocifisso per un cross o un tiro ritardato a compimento di un buon contropiede. 

In chiusura, dopo aver proposto la mia formazione nel corso della scorsa settimana ed esser stato accontentato, mi trovo impotente adesso dinanzi a una possibile richiesta, perché effettivamente non saprei cos’altro apportare a questo undici titolare. Almeno, come dicevamo, è arrivato un pareggio a reti inviolate, che è sempre meglio che perdere e che è sempre meglio che subire reti. Certo è che tra cinque giorni circa toccherà affrontare un’altra strisciata, sempre nerazzurra, forti del fatto di trovarli nella loro fase calante e senza Telles, Kondogbia e Medel, e con un Eder che ha indubbiamente smarrito la via del gol. 

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