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Correa, un fallimento tattico per un successo economico

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Un lampo, senza nemmeno il tempo di rendercene conto: Joaquin Correa è passato al Siviglia, per una cifra che si aggira intorno ai 13 milioni di euro, più cinque sulla prossima cessione

Il trasferimento di Correa al Siviglia ha avuto una formula strana, inaspettata, soprattutto perché il Siviglia ha la certezza così di poterlo vendere in futuro a una cifra talmente alta da non farsi intaccare da quei cinque milioni che dovrà dare alla Sampdoria. In potenziale, insomma, Massimo Ferrero incasserà più del doppio di quanto ha speso, ossia gli 8 milioni di euro versati all’Estudiantes. Correa lo mandava Veron, con Mihajlovic ha cercato di ambientarsi al meglio al nostro calcio e al nostro ambiente, con Zenga si è cercato di dargli responsabilità affidandogli il numero 10, di metterlo al centro di un progetto: poi i problemi fisici, la scarsa continuità, lo hanno rimandato in panchina, in attesa di Montella. Con il tecnico di Pomigliano d’Arco sembrava potesse distruggere il mondo, ma con l’arrivo di Alvarez e la polivalenza di Soriano, Correa si è ritrovato a dividersi il ruolo con altri due interpreti. Adesso con Giampaolo sembrava pronto a qualcosa di più: un tecnico che valorizza i giovani, che sarebbe stato disposto a ripartire dal trequartista dietro le due punte, dal numero 10, che doveva essere proprio Correa. Invece salta tutto, in un pomeriggio festivo, in una domenica di luglio, a una settimana dal ritiro.

Un’operazione economicamente più che vincente, perché in questi anni Correa non ha fatto nulla, con la maglia della Sampdoria, per far sì che la propria valutazione aumentasse: soltanto la convocazione a Rio, per le Olimpiadi, potrebbe effettivamente giovare alla sua carriera, ma futuribile, non di certo quella trascorsa. Un’operazione che, però, tatticamente trasmette come il progetto impostato lo scorso anno abbia fatto registrare un fallimento su tutta la linea: quel numero 10 affidatogli, quella responsabilità di dover diventare grande e forte, si vanifica ad appena quattro giorni dall’arrivo del nuovo tecnico. Dubito si tratti di bocciatura da parte di Giampaolo, anche se non è da escludere: Correa tatticamente non ha dimostrato di poter rispettare le aspettative, fin troppe volte ci ha costretto a lamentarci delle sue prestazioni. Io stesso ho ripetutamente invocato da parte sua una dimostrazione a tutti noi, una dimostrazione di grande agonismo e volontà, una rivendicazione di se stesso. Peccato non averla potuta assistere quest’anno.

Comunque sarebbe andata, Correa a Genova non sarebbe tornato prima della fine di agosto, saltando non solo il terzo turno preliminare di Coppa Italia, ma anche la prima di campionato, sicuramente: ancor peggio, però, avrebbe perso anche quest’anno la preparazione atletica. Una situazione che, su tutta la linea, non poteva essere accettata, non con un progetto da ricostruire con un nuovo allenatore. Ora la Sampdoria avrà bisogno di un nuovo numero 10, mentre quel ruolo lasciato vuoto potrà essere facilmente preso da Ricky Alvarez, fresco di rinnovo e anch’egli, anche se non forte dell’età come Correa, in cerca di riscatto e di conferme. Ferrero, intanto, mette a segno un’altra plusvalenza, in attesa anche della cessione di Fernando, che dagli 8 milioni spesi ne dovrebbe far tornare 14, compresi bonus. Operazioni che, dati alla mano, non possono essere criticate, ma che lasciano chiaramente tante domande in vista del mercato in entrata: chi prenderà il loro posto?

Intanto salutiamo Joaquin Correa, che alla Sampdoria non lascia moltissimi ricordi, se non quello di un talento inespresso che abbiamo aspettato per un anno e mezzo, salvo ritrovarci con tre gol, tutti in tre sconfitte, con Carpi, Napoli e Bologna. Ora ci faremo colpire un po’ dall’awumbuk, quel sentimento che gli abitanti della Papua Nuova Guinea ci insegnano esistere quando delle persone a noi care lasciano la nostra casa, facendoci tornare a uno stato precedente, a quando loro non c’erano. Poi tutto passa, di Correa ci ricorderemo, ma con sentimenti contrastanti. È indubbio.

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