Delvecchio: «La maglia della Sampdoria è ancora una seconda pelle»
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Delvecchio: «La maglia della Sampdoria è ancora una seconda pelle»

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Gennaro Delvecchio si racconta ai microfoni di SampTv: la Sampdoria, il passato con Novellino e Mazzarri, l’affetto dei tifosi che ancora oggi, quando torna, lo fa sentire sempre amato

Gennaro Delvecchio è rimasto nei ricordi dei tifosi blucerchiati: per i gol (pochi ma pesanti), per l’esultanze particolari, per quella voglia di dare sempre il massimo, di non tirare mai indietro la gamba. Sono stati gli anni più belli, quelli alla Sampdoria per Gennaro Delvecchio, lo ricorda lui ai microfoni di SampTv, parlando dei suoi allenatori, dell’ambiente e della tifoseria: «Quanto torno qui, purtroppo raramente, mi si attivano tanti di quei flashback veramente emozionanti, peccato che faccia parte del passato» esordisce.
LA SAMPDORIA DI NOVELLINO – L’arrivo in blucerchiato avvenne dopo il fallimento del Perugia, un quadriennale che apre il suo periodo in blucerchiato: «Prima di arrivare alla Sampdoria giocavo nel Perugia, mi sono liberato perchè la società fallì, arrivai alla Sampdoria firmando un contratto per quattro anni e per me fu fantastico: ricordavo fin da piccolo la Sampdoria e lo stadio Marassi. Novellino? Con lui un rapporto di amore e odio, lui era una persona che cercava sempre di stuzzicare i giocatori ed essendo istintivo spesso ci cascavo. Ma con il suo modo di fare mi ha tirato fuori e devo ammettere che in quel rapporto c’era molto di produttivo, gli stimoli che poi mi hanno dato la possibilità di arrivare fino alla Nazionale».
LA SAMPDORIA DI MAZZARRI – Poi l’arrivo di Walter Mazzarri e il rapporto di immediata sintonia con Delvecchio: «Ricordo l’arrivo di Mazzarri, in quei tempi che si alloggiava all’Astor, lui ci faceva dei colloqui con i giocatori: al mio turno, ero tra gli ultimi, perchè la società era indecisa se tenermi. Mi disse: “Sappi che puoi rimanere o andare via, ma se decidi di stare tranquillo e sereno puoi essere un punto di riferimento alla Sampdoria” così mi conquistò. A quel punto volli rimanere a tutti i costi per giocarmi le mie carte, dal punto di vista psicologico era un sensitivo, scopriva quello che uno poteva dare. A quel punto ero anche più maturo tatticamente, ero un giocatore indisciplinato prima e sono maturato con Mister Mazzarri, trovando il top della mia forma e maturazione: sapevo sempre cosa dovevo fare. Anche contro le grandi squadra, ricordo la partita contro il Milan dove distruggevo il gioco a Pirlo, ricordo le cinque giocate di squalifica a Cassano dove ho giocato in attacco con Bonazzoli e vincemmo quattro partite di fila. Andavo in campo con Mazzarri e sapevo sempre cosa fare, sapevo di dover dare tanto e riuscivo anche ad ottimizzare le mie forte fisiche, lui le preparava in maniera perfetta».
L’ESULTANZA MIGLIORE – Anche a esultanze Gennaro Delvecchio era particolare: la sua “danza” disarticolata è rimasta nei ricordi dei blucerchiati: «L’esultanza migliore? Per me è stata quella del balletto dopo il gol contro il Messina, il giorno prima avevo litigato con Novellino che voleva addirittura mettermi fuori rosa, poi mi lasciò in panchina e chiudendo un occhio mi mise anche in campo, dove poi segnai: esultai con quel balletto particolare, gli altri erano accenni di balletti. Contro l’Inter di Mourinho, il saluto, mi è uscito di istinto, non le prefissavo mai, quello che mi veniva io facevo».
IL RAPPORTO COI TIFOSI – Un’amore con i tifosi che si rinnova ogni volta che torna a Genova: «Non è stato amore a prima vista, giorno dopo giorno mi sono guadagnato rispetto e fiducia, ho dato dimostrazione di essere un giocatore poco bello da vedere ma uno di quelli che non mollava mai dando tutto e più di quello che avevo, per quello poi mi son reso conto che c’era complicità con loro con i cori. Due anni fa sono venuto a vedere una partita della Sampdoria in casa, appena ho parcheggiato una decina di ragazzi mi hanno riconosciuto portato in un bar e a quel punto mi hanno offerto da bere, poi quasi mille tifosi mi hanno dedicato cori, mi sono proprio emozionato. Sono cose che rimangano, che uno racconterà ai figli. La Sampdoria è stato il periodo più anni più belli della mia vita: avrò ricordi fantastici che uno non potrà mai dimenticare, quando torno qui l’affetto è sempre lo stesso anche se io non ho mai vinto nulla come Vialli o Mancini, ma non so perchè loro mi vogliono bene, per questo la maglia blucerchiata è la mia seconda pelle».

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