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Insigne-Muriel, la differenza tra “noi” e “voi”

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Dopo una settimana a difendere Luis Muriel, i tifosi vengono catapultati dall’altra parte del guado da Lorenzo Insigne: una riflessione

È stata onestamente una settimana dura. Una settimana intera a parlare di casi di giurisprudenza sportiva, di regole applicate per la prima volta o inventate del tutto da nuovo. E per una volta, è sembrata che l’unità coincidesse – miracolosamente! – con un filo di raziocinio: l’espulsione di Luis Muriel alla Dacia Arena durante Udinese-Sampdoria aveva un che di clamoroso. Prima espulsione nella mia vita da appassionato per un’esultanza provocatoria, con la beffa finale della squalifica equiparabile tra chi ha compiuto un gesto di troppo, ma nella normalità di chi viene fischiato, e chi ha invece compiuto una vera e propria aggressione per difendere gente che comunque non avrebbe potuto partecipare al “dibattito” (se così vogliamo chiamarlo). Il tutto mentre una squadra – la propria, quella del cuore – “muore” tecnicamente in campo, afflosciandosi e diventando l’ultima forza in questo finale di 2016-17.

Eppure, una settimana dopo, devo constatare che non ci si possa godere nemmeno il contentino della ragione. Già, perché dopo essersi strappati le vesti per il colombiano, ieri alcuni tifosi – non posso certo ragionare in maniera generalista – hanno deciso che era comunque il caso di lamentarsi. Minuto 43: Lorenzo Insigne vola sotto il settore destro della Gradinata Sud, non vede compagni liberi e disegna allora una parabola imparabile per Puggioni, con tanto di gol da cineteca. Invece di preoccuparsi per un punteggio che stava condannando la Sampdoria all’ennesima batosta di fine stagione, l’occhio è andato su Insigne. Che si esibisce nella stessa pratica di Muriel: mano all’orecchio sotto la Gradinata Sud e dab per chiudere l’esultanza. Nulla di diverso dal colombiano, eppure alcuni si sono lamentati. Immagino siano gli stessi che la settimana prima scorrevano i libri di giurisprudenza sportiva alla caccia del casus belli da sventolare al difensore di turno per il folle gesto di Danilo (che, precisiamo, si è scusato dopo la squalifica).

Io capisco tutto. Faccio fatica a comprendere, ma capisco. Pur essendo lontano, ho inquadrato una certa mentalità: le gioie ai gol presi dal Genoa (sul quale si sono accumulati 12 punti di vantaggio in campionato, ma intanto si sta sempre perdendo 4-1 contro il Napoli…), la rivalità accesa con i partenopei (proprio a causa del gemellaggio con i tifosi del Grifone), lo scazzo di subire l’ennesima giornata senza arte né parte dei nostri. Capisco tutto. Ma non si può ricorrere al coro denigratorio per reagire, né si può fischiare un atteggiamento provocatorio in un’esultanza (i fischi a Reina, visto il personaggio, sono invece ben appropriati). Non voglio aprire il discorso dei cori verso Napoli, che meriterebbe una discussione lunga due giorni, ma… siamo stati una settimana a sottolineare l’errore di Pinzani nell’espellere Muriel. E ora l’atteggiamento di Insigne viene considerato fallace: sì, il rosso anche lui. E magari qualcuno che gli dia un destro, già che ci siamo (ho letto anche questo, come se la grandezza mentale di una squadra si misuri da reazioni del genere).

Certo, come si richiede equilibrio ai tifosi blucerchiati (visti i casi comparati), la si chiede anche alla giustizia sportiva. Sarri ha chiesto la sospensione della partita per i cori contro Napoli, ma casualmente solo dopo il secondo vantaggio della Roma: «O smettete o ce ne andiamo». Ma l’atteggiamento era già applicabile nel primo tempo, quando qualche coro si era già alzato: diciamo che è stato un atto di coraggio appena accennato. Così come lo sarà quella della giustizia sportiva, che – ne siamo certi – punirà la Sampdoria per il comportamento dei suoi tifosi ed è arrivata a chiedere tramite lo speaker dello stadio “Ferraris” un’attenzione maggiore ai tifosi nell’esporre certe considerazioni. Tutto giusto: speriamo di vedere questi atteggiamenti baldanzosi e rispettosi anche in altri campi, dove immaginiamo non ci sia la stessa solerzia nel reprimere certi cori (mi vengono in mente Torino e Milano, chissà se si sarebbe vaticinata una sospensione in quel caso…).

In conclusione, però, ciò che spero è che si sposi la linea Giampaolo, che si riparta dal gioco e da un gruppo di ragazzi da valorizzare, magari che non molli clamorosamente una volta raggiunto l’obiettivo. Ma che soprattutto si usi un po’ di equilibrio nei giudizi: per quanto provocatoria sia un’esultanza, non è quella a determinare il corso di una partita.

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