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Roberto, non era destino

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Chi segue queste pagine sin dai primi giorni, da quattro anni quindi, sa che gioco a carte scoperte. Il mio partito è quello di Antonio Cassano, è quello di Roberto Soriano. Se però per il primo ho sempre avuto un sentore che un giorno sarebbe tornato a giocare con indosso la maglia della Sampdoria, stavolta, per il secondo, so che si tratta di un addio. Soriano diventerà un giocatore diverso, avrà un percorso diverso, non sappiamo se da campione o se da onesto centrocampista, ma sento in cuor mio che sui suoi passi non tornerà, perché con la Sampdoria, diciamocelo, non era destino. 

Io di Soriano porterò nel cuore tantissimi ricordi e tantissimi momenti che col calcio di oggi si sposano poco, o almeno così mi fa piacere credere. Al nostro oramai ex numero 21 ricollego momenti passati, di quando nel ritiro di Delio Rossi a Bardonecchia c’era la possibilità di ritrovarsi, dopo una seduta d’allenamento, a tu per tu con i calciatori, in maniera libera, non invasiva e senza il terrore di poter far loro confessare qualcosa. Quattro anni fa mi capitò, al termine di un allenamento nei boschi, di recuperare la via del campo proprio insieme con lui: quattro anni fa ho annoiato molte delle persone che vivono la mia quotidianità con quell’episodio, raccontando la genuinità di una persona, ancor prima che di un calciatore, la pacatezza di un ragazzo, mio coetaneo tra l’altro, che in quegli anni era vittima di tutti gli insulti che il tifo sampdoriano poteva conoscere. Offeso a più riprese, persino quando gli fu rinnovato il contratto anni fa, perché ritenuto non all’altezza. Addirittura preso a sberle, quest’anno, dai tifosi, dopo la sconfitta col Sassuolo. Che fossero stati dalla parte della ragione o meno, ho sempre pensato che ognuno dovesse rispettare il proprio ruolo all’interno soprattutto di questo sport e che la violenza, dal tifoso al calciatore, rappresenta una delle più grandi cadute di stile di sempre. 

Gli è stata addossata una vita squilibrata, adatta più al favore delle stelle che a quello del sole; gli è stato dato del menefreghista, del saccente, perché pensava di meritare di più della Sampdoria. Magari lo ha pensato, non siamo nella sua testa: magari l’ha fatto, ma che colpa potrebbe mai averne lui, che ha visto tutti gli altri talenti del Doria andar via, lentamente, uno dopo l’altro, non ultimo Eder? Un calciatore, per onestà intellettuale, guarda sempre al futuro, un futuro che Roberto Soriano, mi sento di dire, non ha più visto in blucerchiato, forse perché realmente svogliato, forse perché realmente desideroso di puntare a qualcosa di più, che nell’immediato futuro si chiama preliminare di Champions League, ma l’unica grande verità è che parte del tifo blucerchiato, in questi anni, non ha fatto nulla per farlo sentire a casa. 

È stato il terzo miglior marcatore tra i centrocampisti dello scorso anno, dietro soltanto a Pjanic e Candreva, al pari di Pogba; è stato il primo capitano a segnare una doppietta nel derby. Parliamo soltanto di questi traguardi, perché tesserne le lodi con i record e con i numeri non darebbe giustizia a un talento del nostro calcio. Ho sentito già qualcuno dire che Conte non l’ha portato all’Europeo perché era svogliato: può darsi, d’altronde il limite di Soriano lo abbiamo conosciuto tutti, persino Mihajlovic, che ha saputo rimetterlo in riga e mostrarci il miglior numero 21 che conoscevamo, quello che Alfredo Aglietti ha sempre esaltato. Fatto sta che esistono dei talenti che necessitano un ambiente adatto per esprimersi, un ambiente che li faccia sentire a proprio agio: magari Soriano, nonostante fosse stato un prodotto dei colori blucerchiati, ha riversato tutte le cattiverie ricevute in una svogliatezza d’animo che lo ha spinto a non dare mai il massimo di se stesso. 

In tutto questo, però, Soriano porta nelle casse della Sampdoria 15 milioni di euro, una cifra che un giocatore che non vale, come la già citata parte del tifo doriano supponeva, non li porta. Guadagnerà più del doppio di quanto guadagnava alla Sampdoria, perché c’è stato chi ha creduto in lui più di quanto abbiano fatto in Italia, dove ammiratori ne ha avuti, ma non ispirati quanto gli spagnoli. Ora la storia di Soriano con la Sampdoria è finita, ma forse non era mai realmente iniziata, perché in un modo o nell’altro non era destino. Ma io gli auguro di vincerlo ‘sto Preliminare, perché mi è rimasto in gola.

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