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2015

Se questa è una rondine

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È tra le più dissacranti delle pratiche narrative basare l’elaborazione di un concetto usando un proverbio come base, ma mai come stavolta è necessario interrogarsi sulla natura di questa rondine, che incurante del diluvio genovese ha deciso di svolazzare sul nuovo manto erboso del Ferraris al debutto di campionato. Se riuscirà a fare, da sola, una primavera potrà dircelo solo il tempo e l’orizzonte degli eventi, ma scevri da qualsiasi giudizio tecnico-tattico, Walter Zenga ha appena inanellato la seconda vittoria consecutiva in gare ufficiali: il 2 a 0 di Novi Sad prima, il 5 a 2 al Carpi dopo. Facile, si potrebbe dire, ma anche questo ce lo dirà il tempo, perché seppur il collettivo emiliano, con Castori a fare da capoguida, sia venuto a rappresentare una debuttante, una esordiente, i giocatori che conoscono la Serie A c’erano: da Brkic a Lazzari, ma anche Ryder Matos nel suo piccolo. Che non ci si crogioli, quindi, sulla pochezza dello spaesato, che non si sminuisca un avversario che, per quanto abbia dimostrato di essere ben lontano dalla giusta compattezza e della giusta verve per affrontare questo campionato, gli elementi per pungere li aveva.

D’altronde ha punto questo Carpi, ben tre volte sfruttando due ingenuità di Vasco Regini, nel primo tempo quasi impeccabile nelle sue cavalcate palla al piede: si conferma l’ideale nel suo ruolo di fluidificante, con buona pace – a rischio di diventare ripetitivi – di chi lo pretende centrale difensivo. Purtroppo, però, sul gol di Lazzari c’è tanta responsabilità da parte sua, perché si lascia rimbalzare la palla davanti ai piedi senza spazzarla o spedirla lontana dal dieci emiliano, e c’è il suo piede sul rigore procurato da Matos e non trasformato da Lazzari, sempre lui. Siamo dinanzi comunque a una delle prestazioni più convincenti di Regini dell’ultimo periodo, quindi crocifiggerlo, ora, avrebbe poco senso, ma va da sé che l’invito a correggere qualcosa, soprattutto in fase di concentrazione e attenzione è quantomai opportuno in tale sede. 

Per chi va spesa qualche parola è sicuramente Ivan, oltre che Regini. Al debutto in Serie A, quasi a sorpresa per coprire il buco a centrocampo, là dove avrebbe potuto stare Rizzo o anche Duncan, il classe ’95, ex capitano della Primavera, non s’è minimamente scoraggiato e, bloccato soltanto da una costituzione gracilina e troppo facile da buttare a terra, si è armato di coltello tra i denti e ha dato sfogo alla sua propensione al sacrificio e alla corsa. Ha avuto l’intuizione, Zenga, facendo di necessità virtù, di schierarlo contro il Carpi, sulla carta una partita facile e quindi palcoscenico ideale per testare un giovanissimo senza esperienza: è stata premiata questa intuizione, nel bene e nel male, perché l’errore finale del 95, con l’espulsione figlia di tantissima ingenuità, non pesa più di tanto e non grava sul risultato, già archiviato con le dovute accortezze. Si guadagna un applauso dei tifosi, perché ha lottato su ogni pallone, perché quando ne ha perso uno è tornato sull’avversario per cercare di recuperarlo, perché per quanto abbia sempre cercato il passaggio al compagno più vicino possibile, giocando sempre facile, i passaggi li ha fatti e non li ha sbagliati. L’espulsione di Ivan appartiene alla schiera degli errori che è meglio fare contro il Carpi e non contro la Juventus, o il Cagliari di turno. Salterà il Napoli, come quasi sicuramente chi lo ha messo in campo ieri, ma probabilmente rende solo meno grave la scelta. Intanto l’applauso a David lo faccio anche io.

Però gli applausi più grandi io li ho fatti a Roberto Soriano, il capitano che Ferrero vuole fare colonnello, perché seppur non abbia illuminato il Ferraris, il suo perseverare il tocco esclusivamente d’esterno è sempre piacevole da vedere, e perché vorrei vederlo con quella fascia l’intero anno. Gli altri applausi li ho fatti, invece, ad Antonio Cassano: grasso, anziano – no, non è Eto’o, ma il tormentone sembra vincente – inutile, inconsistente, gliene sono state dette di tutte. Intanto lui si allena da meno di un mese con la Sampdoria, ha ripreso a farlo dopo uno stop che durava da gennaio, e ha già debuttato in Serie A: ha corso, ha giocato da prima punta, da terminale offensivo di movimento, in barba alla pancia, alle cosce grosse e al diluvio. L’unico dispiacere è che per buoni venti minuti non ho potuto urlare “Mitt’ a Cassano”, perché Cassano era già stato messo. 

Ora che Napoli ci dica se questa rondine fa primavera.

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