Senza più anima - Samp News 24
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2015

Senza più anima

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Il momento è delicatissimo. Eh già, perché ci sono sconfitte e sconfitte ed è la stessa Sampdoria, specie in questa stagione, a insegnarcelo. Così male come in occasione del 4-2 subito a Napoli, forse, solo nell’imbarcata patita col Torino. Uno di quei ko in cui esci a testa bassa, senza un’anima e con le ossa rotte, il fiato corto e le idee poco chiare. Inutile dire che col Verona, a questo punto, prima di tutto serva una vittoria e servano le palle. Per ora lasciamo perdere il gioco, lasciamo perdere pure la corsa europea e tutto il resto. Tre punti. Unico rimedio efficace per tamponare, nell’immediato, la pessima situazione in cui si rischierebbe di cacciarsi a un passo dal traguardo. I dati sono negativi: dopo la pausa, cioè dopo la vittoria sull’Inter, i blucerchiati hanno perso la bussola. Sconfitta a Firenze, pari a Milano a margine di una gara da chiudere che non è stata chiusa, pari contro il piccolo Cesena e pesante tonfo a Napoli. Due punti in quattro gare, chances non sfruttate, voci di mercato sempre più insistenti e fastidiose specie sul futuro di Mihajlovic, le avversarie sempre più vicine e il fiato sul collo che aumenta: Genoa e Torino a -3, Inter a -5. Tanti, troppi elementi di disturbo per un gruppo che non gira, un gruppo che denota poca serenità e gioco forza ne esce meno solido rispetto al passato, più vulnerabile. Un gruppo pure un poco spremuto in alcuni elementi.

Partiamo dal timoniere, Sinisa Mihajlovic. Parlo da grande estimatore del mister, figura a cui ho sempre dato i giusti meriti per quanto costruito fin qui. Onori e oneri, complimenti e critiche: troppo intelligente Sinisa per pensare di non avere colpe. La spirale negativa blucerchiata infatti dipende anche molto dal momento no del tecnico. In primis sotto il profilo psicologico: poca serenità, elemento evidente, che il serbo sta mascherando con una “serenità di facciata” decisamente poco fruttuosa. Proclamare rabbia alla vigilia, senza riuscire a infonderla al gruppo, non porta lontano. L’allenatore lo sa e allora, da uomo ambizioso qual è (mai si è speso, e giustamente, per smentire le sue ambizioni, sia pensando a un futuro alla Samp che altrove) deve trovare la ricetta giusta per far tornare la squadra com’era appena un mese fa. Chiudere in bellezza, centrando un’Europa che ancora ritengo sarebbe meritatissima, servirebbe infatti a tutti, come singoli e come collettivo. Mihajlovic compreso. Che in queste ultime sei gare dovrà dimostrare di essere un vero vincente.

Dal timoniere agli interpreti, purtroppo in calo e non solo per colpe proprie. A qualche giocatore infatti più che le motivazioni, in questo momento, sembra mancare soprattutto la benzina. Il povero De Silvestri, senza compagni all’altezza di sostituirlo in rosa, è forse l’esempio più lampante. In altri casi però i rimedi ci possono essere. Mi limito a leggere la panchina: Munoz, Duncan, Acquah e pure Bergessio, viste le condizioni attuali di Okaka. E qui arriviamo al secondo punto a sfavore di Mihajlovic, ultimamente troppo ancorato a scelte che non stanno pagando (compreso il 4-2-3-1 che a tratti profuma di suicidio tattico). Ecco che qualche cambio ad oggi è assolutamente necessario: una sorta di mini rivoluzione, non tanto per bocciare qualcuno ma anzi per rinvigorire una squadra che ha perso la brillantezza sulle seconde palle, la serenità nell’impostazione della manovra e la capacità di strappare nei momenti chiave delle partite. Compito non semplice, questo è vero, ma chi vuole vivere di ambizioni certe sfide deve saperle vincere.

Sul match di Napoli, che dire: resettare subito, questo è l’imperativo. L’immediatezza del turno infrasettimanale può essere positiva purché non subentri la paura. Contro l’Hellas bisognerà essere anche più forti della spia della benzina, che da serbatoio pieno per metà abbondante sembra essere, in un baleno, diventata rossa a sei curve dalla fine. Determinante come non mai sarà l’ambiente, l’atmosfera del Ferraris, la capacità del pubblico doriano di compattarsi per spingere la Samp alla vittoria. Col Verona infatti è una finale, lo è anche se il margine dalle avversarie c’è ancora (seppur ridotto al minimo) e i turni di campionato si assottigliano. Vietato sbagliare, per non cancellare il tanto di buono fatto lungo tutto l’arco dell’anno.

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