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A. Boskov: «Vi spiego chi era mio padre Vujadin»

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Aleksandra Boskov, figlia del mitico allenatore della Sampdoria Vujadin, ha rilasciato una lunga intervista

L’edizione odierna del quotidiano La Repubblica ha intervistato circa diversi temi Aleksandra Boskov. La figlia del mitico allenatore della Sampdoria Vujadin ha rilasciato delle dichiarazioni per il quotidiano. Le sue parole:

IL BOSKOV PADRE – «Chi era Vujadin Boskov? Un modello di dirittura morale. Non voglio giudicare l’allenatore, ma Vujadin Boskov era un genitore favoloso, è stato un modello di apertura mentale e di comprensione del mondo. Avevamo un rapporto privilegiato. Mio padre era favoloso, mai litigato. Ero cresciuta in collegio in Svizzera e così quando eravamo insieme era sempre molto bello. Trovava sempre il modo di convincerti. Ci fidavamo l’uno dell’altro. Le sue massime? Certamente (le usava anche a casa n.d.r.) e anche sua sorella Danica, che è l’unica ancora in vita, fa lo stesso».

DISPONIBILITA’ – «Riteneva doveroso comportarsi così. Con i giornalisti non mi ricordo abbia rifiutato di parlare con qualcuno. Considerava rispondere alle domande il minimo».

SAMPDORIA – «Era felice, trovava un presidente straordinario come Mantovani e una squadra con dei grandi talenti. La sua qualità? Aveva un innato talento psicologico che lo aiutava a capire i giovani e comunicare bene con i tifosi».

UNA PARTITA – «La finale di Coppa Coppe a Berna. Ero in tribuna con mia madre, seduta vicino a Vierchowod, squalificato. Sofia mi fa venire in mente Savicevic e Mihajlovic avversari. Ero incinta a Goteborg, pochi mesi dopo sarebbe nato Borislav. La finale di Londra mi è andata di traverso, lo stesso gusto amaro che ho provato per la sconfitta del Real Madrid nel 1981 in Coppa Campioni con il Liverpool. Mio padre non ha dormito la notte dopo».

UNA VITA PER IL CALCIO – «Sono nata e mi sono trovata subito ilcalcio tra i piedi. Parlavamo di politica jugoslava, poco di letteratura. Seguiva, in generale, tutto, ma il calcio assorbiva molto spazio».

LA MALATTIA – «È stato molto difficile per mia madre. Non voleva, come molte persone, nessun aiuto, ero lontana, non potevo sempre essere presente. A Novi Sad si sentivano protetti, a casa».

IL FUNERALE – «Sono arrivati Mihajlovic, Katanec, Butragueno, Camacho, Garcia
Remon. Al Real Madrid non aveva una squadra molto forte, ma viene ricordato ancora con affetto. Fino a poco tempo fa c’era una trasmissione radiofonica che prendeva il nome da
una delle sue frasi celebri: “Futbol es futbol”. I tifosi sono stati magnifici, uno di loro, che poi ho saputo purtroppo che è mancato in un incidente, non era nato quando papà era a Genova, ma avevano voluto onorare mio padre e vissuto Un’avventura per arrivare a Begec. Trovo straordinario che abbiano compiuto 1600 chilometri per essere presenti al funerale»
.

RITORNO A MARASSI – «Siamo state accolte molto bene, Genova non è casa mia, ma suscita qualcosa di particolare in me. Mi sono sempre sentita bene e non dicevo certo in giro che mi chiamo Boskov».

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