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Mancini: «Ecco cosa vuol dire essere figlio di Roberto Mancini, vi racconto come ho scoperto Leoni. E il sogno nel cassetto…»

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Andrea Mancini, direttore sportivo della Sampdoria, ha rilasciato alcune dichiarazioni in un’intervista: le parole

Andrea Mancini, direttore sportivo della Sampdoria, ha rilasciato una lunga intervista ai taccuini de La Gazzetta dello Sport, affrontando vari temi. Dal peso del cognome alla scoperta di Giovanni Leoni, fino al suo approdo al Barcellona. Di seguito le sue dichiarazioni:

L’ESSERE “FIGLIO DI” – «Oggi sarei un bugiardo se dicessi che essere figlio di Roberto Mancini non mi ha portato dei vantaggi. Mi ha aperto tante porte, da ragazzo e anche da grande, ma poi uno se non vale non va avanti. Quando giocavo il mio cognome pesava, i paragoni erano inevitabili. Ma i colpi di tacco non si insegnano e non si imparano, fanno parte dell’istinto. Io non avevo la sua classe ma ci ho provato lo stesso».

LA SCOPERTA DI GIOVANNI LEONI – «Andai a vedere una partita del Padova di Coppa Italia di Serie C, contro il Pontedera, nel dicembre 2023. Questo ragazzo mi impressionò subito. Lo segnalai al mio capo scout Lorenzo Giani. L’ultimo giorno di mercato stavo trattando Alvarez e scoprii che aveva lo stesso procuratore di Leoni. Chiudemmo l’affare in prestito con l’obbligo di riscatto a 1,5 milioni».

IL SUO PRIMO VERO COLPO – «Al primo allenamento Pirlo mi disse che era un giocatore fuori dalla norma. Invece con il presidente Manfredi scherzammo a lungo: ti regalo una vacanza se questo ragazzo non debutta nella Samp prima di Pasqua. Mi provocò e io andai quasi subito in ferie gratis. Leoni debuttò il giorno dopo il suo arrivo in Samp-Brescia e fu uno dei migliori. Ero talmente convinto del suo valore che lasciando la Samp chiamai subito De Rossi. Gli consigliai il giocatore per la Roma, lui parlò con la società ma non riuscì a convincere i dirigenti».

I TALENTI CONSIGLIATI AL PADRE – «Quando allenava lo Zenit gli dissi che avevo visto un talento assurdo nel Real Madrid Castiglia, Valverde. E poi David Silva: io giocavo nel Valladolid e lui nel Valencia. Lo prese e ha fatto la storia del City».

AL BARCELLONA CON DECO – «Gli parlai di Pio Esposito, talento che farà strada. Ho visto esplodere Yamal, ne hanno altri come lui».

IL RAPPORTO CON MIHAJLOVIĆ – «All’epoca di Gianluca ero troppo piccolo. Mihajlovic era uno di famiglia: con papà hanno fatto una carriera insieme, i suoi figli sono miei fratelli e Arianna ancora oggi è sempre con mia madre. La nostra è stata una vita in comune, anche d’estate».

IL SOGNO NEL CASSETTO – «Fare il ds in un club con mio padre allenatore. Finalmente potrei cazziarlo io per una volta. Non so se accadrà, ma se ci riuscirò ci divertiremo insieme. Ci avevo già provato a maggio scorso, ma per tornare alla Samp non era il momento giusto».

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