2014

Battara e il ricordo del San Paolo: «Quanti ricordi contro il Napoli»

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Quando arrivava lui al San Paolo, i tifosi partenopei tremavano: per questo l’hanno chiamato l'”AmmazzaNapoli”. Piero Battara è stato tanto in blucerchiato: da giocatore per 11 stagioni, mentre nello staff tecnico per ben 14 stagioni, come allenatore dei portieri. Eppure, lui non ha mai dimenticato come è nata questa leggenda: «Giocavo nel Lanerossi Vicenza. Avevo 22 anni, affrontammo il Napoli di Vinicio e Pesaola al vecchio stadio del Vomero. Pioveva. Alle mie spalle, tra i fotografi, notai un tizio con i capelli candidi e una camicia bianca. A ogni mia parata saltava in piedi, imprecava, faceva gli scongiuri – racconta Battara – Il Napoli attaccava e io paravo, paravo… Ultimo minuto, quarto corner filato per loro. Nella mischia spunta la testa del centravanti, Di Giacomo, e schiaccia il pallone nell’angolino. Gol! L’arbitro fischia e io resto a terra, disperato. Il tizio con la camicia bianca entra in campo e mi aiuta a rialzarmi. Era il presidente del Napoli, Achille Lauro: «Sei stato bravo. Non hai nulla da rimproverarti», mi disse. Il loro portiere, Bugatti, aveva attraversato il campo ed era venuto ad abbracciarmi».

Poi arrivò la Samp, che lo prelevò dal Veneto e se lo portò a Genova: «Arrivai l’anno dopo il quarto posto di Ravano: la squadra lottava per la salvezza. Nel ruolo eravamo in tre e allora ci si alternava tra i pali. Sbagliavi una partita e l’allenatore ti metteva a riposo. Non era bello». Magari Battara ricorda una parata più delle altre: «Sì, ma a Genova, contro il Napoli di Brandoni, Panzanato, Canè, Juliano, Altafini e Sivori. Uno squadrone che finì terzo dietro Inter e Bologna. Eravamo partiti malissimo in campionato, ma arrivò Bernardini e la Samp prese la rincorsa. Eravamo in serie positiva da sette giornate. Contro il Napoli eravamo andati in vantaggio con un gol di “Bisontino” Cristin, mentre il Napoli attaccava sotto la Nord del vecchio Ferraris. Era quasi il 90′, a due passi dal palo Sivori schiacciò di testa un pallone nell’angolino basso, mi allungai e riuscì a ricacciarlo con la mano sinistra dalla linea di porta – ricorda Battara in una lunga chiaccherata a “Il Secolo XIX” – Nel tuffo persi il cappellino che portavo sempre in testa. Sivori si chinò, lo raccolse e mi diede la mano. Andammo a giocarci la vita a Torino e perdemmo 2-1. L’anno dopo retrocedemmo, con Bernardini in serpa – un allenatore e un uomo straordinario, io giocavo per lui e per la maglia – tornammo trionfalmente in A».

Sulla leggenda dell'”AmmazzaNapoli“, Battara spiega meglio come si è originata: «La mia leggenda nacque partita dopo partita. I giornalisti napoletani alla vigilia venivano in albergo e mi avvertivano: «Guarda che domani Altafini e Sivori ti fanno gol». Io stavo basso, non cadevo nelle provocazioni. Non prendevo gol e se lo prendevo, riuscivamo sempre a pareggiare. A Napoli la Sampdoria, in quegli anni, non perdeva mai – ricorda soddisfatto Battara – Qualche volta vinse pure (3-0 il 13 ottobre del 1968 e 2-0 il 15 febbraio del 1970, ndr). Ferlaino, allora dirigente, di fronte alle mie prodezze accusava i giornalisti: «Con le vostre interviste, avete caricato Battara e quello ha fatto i miracoli. Portate pure sfiga». A Napoli è un’accusa pesante...».

Ci si chiede se Battara segui ancora la Sampdoria: «Sempre in tv, troppo complicato andare allo stadio. Mi sembra una squadra senza acuti né cadute. Ti aspetti il colpo che non arriva mai». Sul possibile ritorno di Cassano: «Io sono Cassano-dipendente. Se torna, la Samp acquista un’arma formidabile. Con lui i giovani darebbero molto di più». Sui portieri di proprietà blucerchiata: «Romero faceva miracoli e papere clamorose. Da Costa è un portiere di rendimento, è agile e ha buoni riflessi – chiude Battara – Para il parabile, ma prodezze finora non gliene ho viste fare…».

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