2015

Cornuti&mazziati, senza più alibi

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Strana gente, i sampdoriani. Lo dico perché dopo Verona ne ho sentite troppe. Troppe. Ma partire dai mormorii dell’ambiente, comprensibilmente turbato dall’involuzione della squadra, credo sarebbe troppo semplice e, soprattutto, servirebbe davvero a poco. Tra le troppe, comunque, ho sentito pure gente che ha detto che questa Sampdoria non può pretendere più di così. Ecco, se permettete m’arrabbio, specie se gli stessi che commentano in questo modo sono quelli che non hanno tollerato il turn over pre Palermo contro l’Inter in Coppa Italia. Quel turn over che, personalmente, mi ero sentito di difendere. Oggi non faccio altrettanto. Non posso proprio. Ma andiamo con ordine.
 
Punto primo: la gara col Chievo, Mihajlovic e la Sampdoria, l’hanno persa martedì scorso. Una settimana di turn over annunciato, di occhi al Derby in anticipo, di squadra affidata a sé stessa nell’interpretazione di un undici sì schierato con un modulo preciso, il 4-3-1-2, ma con gli uomini gettati lì, quasi a dire “divertitevi, se ce la fate”. Risultato? Se non fosse già abbastanza chiaro, ahimè, lo ripeto: 2-0 Chievo (il gol confortante di Muriel, per un attimo, lo metto da parte), Bergessio improponibile, Correa bruciato (non in toto, ma insomma…), Palombo e altri senza benzina, idee appannate se non assenti, Wszolek da far tenerezza (inadatto e stop, il problema è che non è la prima volta che lo si porta a far brutte figure), Eto’o solo e fin troppo buono d’animo. Potrei andare avanti ancora un pò. Insomma il succo è quello: cornuti e mazziati. Peraltro l’errore più grosso è, paradossalmente, il più banale ed evitabile, cioè non essere stati in grado di ragionare “da zero a zero” nel momento in cui già sai che non te ne gira una bene. E qui mi riferisco soprattutto a Mihajlovic: ancora cervellotico, come da troppo tempo a questa parte, e ancora ovattato dentro l’aura di rabbia (ingiustificata, a mio avviso) in cui è andato a rinchiudersi dopo gli esiti del mercato. Per lui come per tutti credo che mai come oggi sia arrivato il momento di far valere il “punto secondo”. Si veda sotto.
Punto secondo: gli alibi sono terminati. Non è terrorismo, neppure si legga la frase con troppa enfasi. Meglio col sorriso e magari con una pacca sulla spalla, di quelle che caricano e rinvigoriscono. Però è così. Questa Samp, e con lei il suo allenatore, hanno fatto benissimo quando nessuno gliel’aveva chiesto, stupendo tutti e strappando applausi e complimenti strameritati. Poi, con l’aumentare della fiducia, hanno cominciato a chiedere a sé stessi di più, alzando l’asticella e invogliando tutti a crederci. Tutto ciò non va scordato e la gratitudine deve restare viva, ma proprio per questo oggi le critiche devono (se costruttive) servire a svoltare. Critiche che devono esserci e devono essere ascoltate. La più importante, che poi in realtà è semplicemente un piccolo consiglio, parte dal principio: mai come oggi la Samp, per ritrovarsi, deve ripartire dal foglio bianco.
 
Tabula rasa, senza scordarsi degli errori fatti. Mihajlovic dice: “Basta ritrovare un poco di fiducia”. Sono d’accordo, ma la strada tra la Samp e la fiducia si è fatta più lunga anche, e purtroppo, a suon di “ci siamo indeboliti” e di “tizio e caio non sono pronti”. Temi su cui si è perso troppo tempo e in maniera del tutto infruttuosa. Il risultato è che oggi la Samp gioca col trequartista ma storce il naso perché in realtà vorrebbe fare il 4-3-3 di una volta, corre di meno perché ha perso equilibrio e non gioca a memoria perché ha cambiato troppo. Mah. Anche solo a scriverlo mi si incrociano gli occhi. Pensate a gettarli sul campo, questi tarli, oppure dentro gli equilibri di uno spogliatoio. Foglio bianco e fiducia, ripeto. La fiducia vera. Quella che da un pò non vedo più negli occhi di Sinisa e di qualche giocatore. E poi parliamoci chiaro, prima di finirla qui (spero una volta per tutte): ma solo i blucerchiati hanno vissuto questo mercato ondivago? Sicuri? Io penso alla Fiorentina che ha perso Cuadrado dall’oggi al domani, trovando Salah, Diamanti e Gilardino sempre dall’oggi al domani. Oppure alla Lazio che non ha portato a casa una punta centrale dopo il crack di Djordjevic, richiamando a casa il modestissimo Perea. O ancora al Milan, o all’Inter: super nomi piazzati a caso e per lo più subiti dai tecnici piuttosto che avvallati punto per punto (discorso a parte forse solo per Mancini, a voler essere precisi). E per chiuderla, restando in città, anche il “caso Genoa” non è molto diverso: perse due punte centrali su due, i rossoblù ad oggi si sono adattati e pure bene. Tutto questo per dire che spesso vale un detto molto semplice: “Aiutati, che il ciel ti aiuta”. Specie dopo il calcio mercato di gennaio. E magari ritrovando tutti, e sottolineo tutti, quell’umiltà che in passato ha fatto la differenza. Umiltà unita al coraggio, perché il tridente Muriel-Eder-Eto’o non credo ci starebbe male, sabato sera.
 
E soprattutto perché mai come stavolta il Derby è crocevia fondamentale. Altrimenti c’è l’alternativa, atavica e fastidiosa, del rinchiudersi per l’ennesima volta dietro alla logica ottusa del “si stava meglio quando si stava peggio”. E sarebbe davvero una noia mortale.
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