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Coronavirus, Castellacci: «Vaccino obbligatorio per i calciatori? Folle dire di no»

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Il medico dello sport, Enrico Castellacci, è tornato a parlare dell’emergenza Coronavirus e del tema del vaccino legato al calcio

Il professor Enrico Castellacci ha nuovamente commentato la situazione dell’emergenza Coronavirus legata al mondo del calcio. Il medico dello sport, tra le frequenze di TMW Radio, ha inoltre affrontato il tema dell’obbligatorietà del vaccino anti Covid per i calciatori professionisti.

QATAR – «Ci sono stato nell’ultimo mese perché si svolgeva la Champions League asiatica. Contrariamente a quella europea, per quella asiatica hanno scelto la sede di Doha e messo tutte le squadre in bolla così da farle competere senza rischiare. Le quattro squadre cinesi con cui ero stavano in un unico albergo, e non si poteva entrare o uscire se non per allenamenti e partite, negli stadi già predisposti per i Mondiali del 2022: delle grandi cattedrali nel deserto che io conoscevo già molto bene per precedenti ritiri e esperienze con la Nazionale cinese».

SISTEMA DI RAFFREDDAMENTO – «Il periodo ora è ideale perché è primavera inoltrata, e giocando di sera non hai bisogno di niente, ma sapete benissimo che per Qatar e Dubai in estate il clima diventa insopportabile. Ogni stadio ha un impianto di refrigerazione micidiale, dal costo altissimo, e quando li mettono in azione arriva a fare addirittura freddi: sono dei bocchettoni enormi che circondano tutto l’impianto. Un’aria condizionata incredibile… Non ne capisco molto l’utilità però per il Mondiale, visto che si giocherà a dicembre-gennaio, momento in cui ci sarebbe una temperatura ideale comunque. Hanno però speso questi soldi, e non so però una volta finito il Mondiale, se non ci fanno la Champions League, non so come utilizzeranno queste cattedrali».

ABBANDONO – «Io in Sudafrica ci ho giocato un Mondiale, ad esempio, e vi dico che però è un altro conto, le città sono grandi e gli stadi hanno senso per essere utilizzati. Ma in Qatar questi sette-otto stadi, senza utilizzarli per grandi eventi, non so… Letteralmente delle cattedrali nel deserto».

PROTOCOLLO SANITARIO – «Abbiamo cominciato questo campionato con l’esperienza di quello che è finito prima, un po’ catastrofico da quel punto di vista. D’altro canto, come tutte le cose nuove vengono a creare dei problemi: c’era confusione e non si teneva neanche conto della diversità tra leghe. All’inizio ci sono stati errori anche in questo campionato, ad esempio sul discorso fiduciario degli atleti se potessero tornare o meno a casa, ma rimane il fatto che le bolle vere sono un’altra cosa. In Cina il campionato è stato finito a tempo di record, in 4 mesi, e le squadre erano completamente chiuse negli alberghi. C’erano atleti molto importanti che hanno detto di sì, per esempio Paulinho, Hamsik, Pellè… Chiusi senza poter vedere la famiglia. Quelle sono le bolle vere, qui non si può ipotizzare quindi bisogna accettare di dover limitare i danni. Ma se i giocatori possono tornare a casa, è ovvio che il virus un po’ rischia sempre di girare… Però vedo si riesce ad andare avanti, si è capita la filosofia e non ci si lamenta più se si hanno dei casi: il campionato rientra in un momento eccezionale, e spero che finisca nel migliore dei modi».

VACCINO – «L’obbligatorietà mi trova sempre poco d’accordo, credo più nella ratio della scelta facoltativa. Pensate che c’è scelta per i sanitari, punto cardine, e la vedo strana che vengano obbligati i calciatori. Detto questo io sono a favore della vaccinazione, visto che è l’unico sistema per tamponare davvero questa pandemia. Non farlo sarebbe davvero un’eresia».

TAMPONI – «I costi sarebbero davvero enormi, una cosa improponibile. Il concetto riguarda l’informazione: rendere edotte le persone, non obbligarle a vaccinarsi. Essere liberi di poter decidere è una scelta importante, ma qualora dovesse esserci questa scelta sarebbe il Governo e non la FIGC a prenderla».

STADI – «Non c’è dubbio, così come negozi, bar e ristoranti: la vita sociale è troppo importante. Purtroppo ci stiamo persino abituando a questa tristezza, ed è una cosa dalla quale tirarsi subito fuori. Il calcio è bello perché spettacolo, e senza pubblico, al di là degli aspetti economici, non ha senso di esistere».

TEMPISTICHE – «Ripartendo a settembre dipende da come va tutto. Io guardo a distanza e spererei di ricominciare il prossimo campionato con gli stadi pieni, o almeno in grande parte. Per questo non lo so, abbiamo fatto trenta facciamo trentuno…».

 

 

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