2012

Esclusiva – Il doppio ex Scanziani: “Quanti ricordi mi legano alla Samp. Domenica sarà il derby della paura, l’obiettivo è non perdere. Ferrara…”

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Non sono di certo tanti i giocatori che hanno vissuto ben sette anni della propria carriera qui a Genova. Lui, Alessandro Scanziani, ne ha trascorsi cinque sulla sponda doriana e due su quella rossoblu negli anni ’80. Con la casacca della Sampdoria si è tolto diverse soddisfazioni, un po’ meno con quelle del Genoa. Per fare un tuffo nel suo passato blucerchiato e parlare del presente che si chiama derby, la redazione di SampNews24.com lo ha contattato in esclusiva.

 

Cinque stagioni, 152 presenze, una promozione in Serie A, una Coppa Italia e anche capitano della Samp. Cos’altro aggiungere?

Quella promozione nella massima serie arrivò dopo un campionato molto sofferto, nonostante avessimo la migliore squadra del campionato di Serie B. Ricordo la vittoria della Coppa Italia in un Ferraris pieno di tifosi, tutti molto contenti ma anche molto disciplinati; non ci fu alcuna invasione di campo, erano tutti lì ad applaudire e a gioire insieme a noi. Indubbiamente ho un ricordo molto forte della mia esperienza in blucerchiato. Mi sono realizzato soprattutto in questa squadra, nella Samp sono stato capitano ed uno dei punti di riferimento. Senza dubbio una grande soddisfazione per me”.

 

Nell’estate ’86, però, passò dalla sponda blucerchiata a quella rossoblu.

Verso fine marzo il presidente Mantovani mi convocò e mi disse che non sarei rientrato nei programmi del nuovo allenatore. Il mio procuratore Claudio Nassi, colui che mi aveva portato alla Sampdoria, mi chiamò per seguirlo alla Fiorentina, dove aveva assunto la carica di direttore sportivo, e decisi di firmare il contratto con la società gigliata. Durante una partita di Coppa Italia contro il Como – la mia ultima apparizione con la maglia blucerchiata – mi infortunai e poi fui operato al menisco. Successivamente effettuai le visite mediche per la Fiorentina, ma i medici non mi diedero l’idoneità. Nel frattempo Bersellini, mio allenatore ai tempi della Samp, era diventato il nuovo tecnico dei viola, ma il mio contratto dovette essere stracciato. Così rimasi senza squadra fino a metà agosto, quando mi chiamò Spinelli, allora presidente del Genoa. Decisi di accettare la proposta dei rossoblu, anche perché la mia famiglia si trovava benissimo a Genova e potemmo ritornare nella casa che avevamo lasciato poco prima”.

 

Possiamo dire quindi che per lei il derby della Lanterna non è una partita come le altre?

Sicuramente. Nei miei due anni all’Inter non ho mai vinto un derby, mentre a Genova non ne ho mai perso uno. Il derby della Lanterna viene vissuto quotidianamente tra i tifosi delle due squadre; l’importante è soprattutto arrivare davanti all’altra squadra a fine campionato, mentre a Milano invece era quello di vincere lo scudetto. Non ho mai vissuto quello di Roma, però penso sia più o meno uguale a quello di Genova”.

 

Il derby dei poveri, dei disperati e chi più ne ha più ne metta. Lei come lo definirebbe quello di domenica?

E’ senza ombra di dubbio un derby tra due squadre in gravi difficoltà di classifica, quindi credo che l’obiettivo primario sia quello di non perdere. Mi immagino di vedere in campo la paura di scoprirsi, di attaccare e di essere poi colpiti in contropiede. In questo momento il Genoa sta leggermente meglio, la prestazione di domenica è stata più positiva di quella fornita dalla Samp a Palermo. Zero tiri in porta e tanta insicurezza, i blucerchiati al Barbera non mi sono piaciuti”.

 

La vittoria varrebbe doppio, ma un punto potrebbe accontentare entrambe?

Il pareggio potrebbe rappresentare un brodino non riscaldato, ma tiepido. E’ chiaro comunque che ottenere i tre punti permetterebbe di lavorare per un po’ di tempo con tranquillità, serenità e maggiore autostima”.

 

Si aspettava che Ferrara fosse confermato dopo sette ko consecutivi?

La Sampdoria è sempre stata una società molto seria, quadrata e poco viscerale; prende le decisioni con un certo criterio per cui ci può stare. Forse è l’unico club italiano che dopo sette sconfitte sostiene il proprio allenatore, penso che da nessun’altra parte sarebbe mai accaduto. Uno dei problemi principali è rappresentato dalla mancanza di qualche uomo determinate, soprattutto davanti, come Maxi Lopez e Pozzi. Se si è costretti a schierare come terminale offensivo Eder, che non è una prima punta, non è colpa dell’allenatore. Si tratta di un’emergenza alla quale bisogna cercare di porre rimedio. L’impressione è che la squadra giochi anche con paura e con la convinzione che rimontare sia molto difficile”.

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