2014

Il cervo è uscito di foresta

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Non si dovrebbero scrivere o dire troppe parole in certi momenti. Non servono sono superflue, inutili. Però poi tra una lacrima e l’altra viene fuori il ricordo, le immagini. Vujadin accovacciato nella foto ricordo di una delle formazioni della Samp del 1961. Arrivò tardi da noi. A 30 anni, perchè all’epoca la federazione jugoslava non faceva scappare i propri giocatori fino a quell’età. Per problemi fisici ci rimase solo un anno, ma fu solo l’inizio della sua avventura da noi. E poi mentre scherza con Briegel e Cerezo a Bogliasco, con quel suo sorriso sornione, quella sua voce decisa ma gentile, da vero signore.

Lo amavano anche i genoani. Si può litigare su tutto, discutere, prendersi per il sedere come ogni dualismo cittadino acconsente, ma ho sempre e personalmente raccolto amicizia, rispetto e simpatia anche da parte rossoblù per un uomo che ormai sconfina nel mito. Il cane di Perdomo ci insegue un pò col pensiero, e forse nonostante le arrabbiature dei tempi, anche i cugini rimpiangeranno la fine definitiva di un periodo d’oro, racchiuso proprio tra Boskov e Scoglio. E poi quella sera a Wembley, mentre abbraccia un Mancini in lacrime, dopo la finale sfortuna di Coppa dei Campioni. Era un papà, Vujadin. Per i giocatori e per noi. Un papà di cui non si poteva fare a meno.

Ci salvò pure dal bruto argentino Menotti e dal suo calcio spericolato, in una stagione sbilenca e di ritorno, quella 97′-98′, la sua ultima nella Samp. Laigle, Balleri, Boghossian, un’altra generazione di calciatori che strideva in buona parte con quella dello scudetto, ma che accanto all’uomo Boskov fece ritornare unica la magia dei suoi detti, delle sue battute, delle mitiche trovate alla “Rigore è quando arbitro dà”. E dei capelli biondi di Cerezo e Vialli all’Olimpico dopo il trionfo del 1991.

Quelle foto, ancora, in maglia bianca con la coppa italia tricolore cucita sopra nell’89, con ERG in bellla evidenza. E Phonola, altri ricordi in ordine sparso che si legano a lui. Il suo impermiabile, i suoi capelli bianchi con quell’onda ribelle. Boskov non si discute. Boskov era, è, e rimarrà per sempre la Sampdoria. Al pari di Paolo Mantovani, di Ravano e di Mancini. Inutile andare oltre, perchè le lacrime mi stanno invadendo la tastiera. Solo un ultimo “Ciao Vuja”. Sei tutti noi.

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