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Il cielo (poteva essere) blucerchiato sopra Brema

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Quella notte era La Notte. Da lì si sarebbe capito che cosa voleva diventare da grande la Sampdoria, quali erano le ambizioni della famiglia Garrone, oltre alla prova di maturità di un allenatore che dopo le fugaci esperienze sulle panchine di Porto e Roma aveva scelto una grande piazza. Perché era stato proprio grazie a lui che a Genova era tornato il grande calcio. E nonostante le lusinghe della Juventus Gigi Delneri aveva deciso di legittimare il traguardo raggiunto, di provare a vivere un altro giorno come il 16 maggio appena passato.

 

18 agosto 2010, Brema. Quella musica che dal vero pochi avevano sentito: giusto Storari, Cassano, Zauri, Pazzini e Semioli, ma da lì a definirli veterani ce ne passa. In campo l’undici migliore possibile: a difendere la porta l’estremo difensore pisano, tornato a Genova a titolo definitivo dopo un lunghissimo braccio di ferro con Milan e Juventus. Davanti a lui Ziegler, Gastaldello, Lucchini e Zauri, rinnovo del prestito per lui. A centrocampo Tissone e Palombo affiancati da Semioli sulla destra e da quel giovane argentino che tanto prometteva bene: Leonel Vangioni, mancino ventitreenne proveniente dal Newell’s Old Boys: è stata lui la scommessa estiva di Sergio Gasparin, deciso a rompere la consueta precedenza con il mercato nostrano per usare un occhio di riguardo verso l’estero. Davanti, ovviamente, Cassano e Pazzini. Difronte a loro i padroni di casa schierati in maniera speculare: Wiese, Fritz, Prodl, Mertesacker, Pasanen; Bargfrede, Frings, Hunt, Borowsky; Pizarro, Almeida. Panchina per Marin, il grande escluso, forse troppo distratto dalle voci di mercato.

 

Fischio di inizio e dopo nemmeno un quarto d’ora è il Doria a rendersi pericoloso con Pazzini innescato da Semioli, cross basso dalla destra: Wiese è battuto ma la punta è in posizione irregolare. Tutto da rifare. I ritmi si alzano, la tensione sale e sono i padroni di casa per un buon quarto d’ora a tenere in mano il pallino del gioco, approfittando di alcune sbavature di Gastaldello e Lucchini: Borowski, Hunt e Almeida ci provano da lontano e di testa ma Storari è bravissimo a mettere in chiaro le cose: con lui non si passa. Una bruttissima ventina di minuti di smarrimento per la Sampdoria tenuta a galla dal portiere, voluto con le unghie e con i denti. Negli ultimi 10 minuti l’invenzione sulla sinistra: Ziegler vede l’inserimento in area di Vangioni, argentino servito dal compagno svizzero in maniera magistrale: solo davanti a Wiese perde tempo a spostarsi il pallone sul piede preferito. Tiro murato da Mertesacker, la palla finisce in calcio d’angolo. Reto Ziegler dalla bandierina calcia teso per la testa di Pazzini che manda di un soffio alto sopra la traversa. Il boato dei 1500 cuori blucerchiati, “DORIA! DORIA! DORIA!“, Cassano che incita la sua gente. Lannoy dice che può bastare, tutti negli spogliatoi.

 

Le squadre rientrano in campo senza cambi di formazioni, Cassano e compagni hanno però una luce diversa negli occhi: 45 minuti per fare la storia, 45 minuti per portare a casa 3 pesantissimi punti in trasferta che significherebbero una qualificazione quasi raggiunta. Fischio di inizio e subito protagonisti sono i tifosi intonanti l’Armata: sembra di essere a Genova. Fritz tenta il sinistro da fuori area ma Storari respinge. Gastaldello raccoglie il pallone e lancia il contropiede: Vangioni tutto solo sulla sinistra chiama il pallone. L’argentino comincia la sua corsa, scatto di 30 metri in avanti. Arriva Tissone in supporto, palla scaricata sul compagno che tenta il tiro da fuori: Wiese respinge, ma Pazzini sul filo del fuorigioco dà l’incornata vincente. Dita negli occhi, l’abbraccio dei compagni, l’urlo dei 1500 in trasferta: Doria in vantaggio al 15′ della ripresa.

 

Adesso viene il difficile: amministrare o tentare l’affondo? Scoprirsi per chiuderla o chiudersi e difendere il risultato? Neanche il tempo per Delneri di dare indicazioni dalla panchina che Palombo ruba palla a centrocampo, serve Semioli che salta Hunt, pallone per Cassano che nello stretto serve Pazzini solo davanti a Wiese ma questa volta il portiere di casa lo ipnotizza. Il pubblico è in delirio ma il Werder si sveglia. Doppio cambio per Schaaf: Arnautovic e Marin per Hunt e Almeida. Ed è proprio l’ex Inter subito protagonista: di petto addomestica un lancio lungo, i quattro della retroguardia doriana tentano il fuorigioco ma non riesce: solo davanti a Storari si fa fugare il pallone dall’estremo difensore che esce rischiando il fallo. Il richiamo ai compagni non serve: di nuovo Arnautovic, uno due con Marin, l’ex Inter vuole il gol a tutti i costi quando Palombo lo falcia sapendo già che verrà sanzionato: giallo inevitabile, l’ex Inter a muso duro su di lui non ci sta. Si alzano i toni, cerca la provocazione ma il capitano non ci casca. Ultimo gesto del 17 in campo che stremato viene sostituito tra gli applausi quando mancano 15 minuti alla fine ma il risultato è ben lungi dall’essere in cassaforte: dentro Poli per lui e Volta per Lucchini, in bambola negli ultimi minuti.

 

Un lampo di magia illumina il Weserstadion: Cassano, fino a quel momento in ombra, riceve palla sulla sinistra, alla solita maniera. Si accentra ed entra in area, salta due uomini e tenta il tiro: Wiese respinge ma nello stesso punto in cui due anni prima si era trovato Christian Maggio oggi c’è quell’esterno argentino acquistato per 5 milioni di dollari, completamente fuori posizione ma mai come quel momento al posto giusto. Il settore ospiti esplode, i compagni gli saltano addosso dalla gioia, la panchina tutta in piedi entra in campo. L’adrenalina è alle stelle, gli ultimi 7 minuti volano in un lampo. Il cielo è blucerchiato sopra Brema.

 

Un sogno, un vero e proprio sogno, perché come sia andata la realtà lo sappiamo tutti. Domani Cassano, Pazzini (squalificato, è vero) e Delneri si ritroveranno per la prima volta insieme, nello stesso stadio, dopo il 16 maggio 2010. Difficile pensare che a nessuno di loro tre sia mai venuto in mente in tutto questo a tempo di pensare a come sarebbe potuta andare quella gara, come sarebbe potuta cambiare la storia se alcune decisioni estive fossero state prese in modo diverso. Tutti i tifosi continuano a chiederselo da anni. A chi scrive, un inizio del genere, non sarebbe affatto dispiaciuto.

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