2015

Il commento tecnico: È dura guarire dal non gioco

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Difficile aspettarsi qualcosa di diverso. Molti ci hanno sperato ma sarebbe stata alquanto sorprendente una inversione di tendenza immediata rispetto al trend firmato Walter Zenga. Una cosa si è vista nettamente in quel di Udine: la Sampdoria è passata dal continuo lancio lungo, costante e senza senso, al voler giocare la palla non solo nel possesso fine a se stesso ma, soprattutto, nella verticalizzazione ragionata e costruita. Il risultato ha evidenziato le enormi difficoltà incontrate dalla squadra nel passaggio così forte da una idea di non gioco, stile Emirati Arabi, a una di gioco complesso e articolato. Impossibile pretendere di più dai pochi giorni di gestione Montella. Impossibile perchè non esiste un interruttore che ti fa gestire il pallone bene, con le giuste spaziature e la giusta velocità. Queste cose vanno allenate sul serio. Le intenzioni, mostrate dai ragazzi doriani, si sono viste ma, ovviamente, non sono bastate.

 

L’Udinese si è dimostrata davvero poca cosa. Questo, forse, è stato il rammarico più grande della sconfitta in terra friulana. Il Doria, semplicemente, si è concentrato troppo sullo sviluppo della manovra e sulla gestione accurata del possesso palla. Colantuono, che non è l’ultimo della pista, ha fiutato queste possibili problematiche e ha preparato un pressing ad hoc sulle fonti di gioco blucerchiate (Fernando e Soriano su tutti). Una cosa va detta: la partita è scivolata via con una passività troppo irritante. La condizione psicofisica di alcuni giocatori ha destato, a mio avviso, qualche perplessità. Malissimo De Silvestri e Zukanovic, mai realmente propositivi e al di sotto del livello qualitativo che il giro palla richiedeva. Davanti Muriel e Eder non hanno combinato nulla nella maniera più assoluta. Entrambi sono sembrati stanchi e sfibrati dalla settimana passata in Nazionale. Il brasiliano, soprattutto, è sembrato davvero sottotono in quanto a spunti e concretezza rispetto alla gara di mercoledì contro la Romania (correva dappertutto). Per quanto riguarda Muriel, invece, la situazione è un pò più delicata in quanto la mediocrità delle prestazioni, sotto più punti di vista, preoccupa già da qualche settimana. A centrocampo non è funzionato quasi nulla in fase offensiva. Tanti, tantissimi errori tecnici in molteplici situazioni di gioco conditi da una lentezza e insicurezza evidenti. Perfino i due baluardi Fernando e Barreto hanno latitato non poco nel fare il loro fondamentale lavoro di contenimento e ripartenza della manovra. Soriano e Carbonero, invece, sono stati piatti, terribilmente piatti. Nonostante tutto questo l’Udinese non ha mai fatto nulla per chiudere la partita dopo essersi, un pò casualmente, trovata in vantaggio. La gara si è sviluppata senza nessun tipo di acuto, ne da una parte ne dall’altra, e ha decisamente decontestualizzato gran parte delle idee tattiche pensate, soprattutto, da Montella che avrebbe voluto non solo gestire la partita ma attaccarla con continuità. 

 

La Samp ha lottato contro il proprio, insipegabile, mal di trasferta e contro il non gioco cronico da cui è affetta da alcuni mesi. L’Udinese ha giocato la partita che voleva, dopo il vantaggio, senza rischiare nulla in difesa anche, se non soprattutto, per demeriti blucerchiati. Quello che ha detto mister Montella nel post partita mi trova d’accordo al 100%. Lavorare sull’autostima e sulla fiducia nel nuovo sistema di gioco (che fa dell’autostima la sua benzina principale). La strada è lunghissima e molto difficile per il nuovo mister. Lo è per due motivi: il primo riguarda l’errore enorme commesso dalla società nello scegliere Zenga. Il lavoro fatto in questi mesi ha abituato la squadra a un non gioco, poco ragionato e supponente, che si esprime tuttora nella sua estrema pochezza, soprattutto nelle gare in trasferta dove l’identità di squadra fa tutta la differenza del mondo. Il secondo, invece, riguarda le caratteristiche dei giocatori della rosa che, con l’arrivo di Montella, devono totalmente abbandonarsi alle idee della nuova gestione tecnica. In poche parole non deve essere e non sarà più la Samp dei singoli, che vive e muore nelle giocate dei suoi calciatori migliori, ma quella del collettivo. Solo così si possono eliminare le scorie di un non gioco cronico. Solo così si possono fare punti in trasferta. Solo così la Sampdoria tornerà ad essere protagonista. 

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