Hanno Detto
Lombardo: «Bravissimo Mantovani negli anni a puntare prima sugli uomini! Vi dico qual è il mio rimpianto più grande. Sulla Samp di oggi…»

Attilio Lombardo, attualmente membro dello staff tecnico della Sampdoria, è intervenuto al salone Orientamenti 2025! Le sue dichiarazioni
Mentre la Sampdoria prosegue la preparazione tattica in vista dell’imminente sfida contro la Juve Stabia, il club conferma la sua attenzione verso il territorio e i giovani. Attilio Lombardo, indimenticata leggenda dello scudetto e oggi prezioso collaboratore tecnico nello staff de il Doria, è intervenuto come ospite d’eccezione al salone “Orientamenti 2025“.
“Popeye“, figura carismatica e punto di riferimento per l’ambiente blucerchiato, ha portato la sua esperienza di vita e di sport alla manifestazione genovese, rappresentando i colori della società in un contesto educativo di grande rilievo, parallelamente al lavoro che la squadra sta svolgendo sul campo per il campionato. Vi riportiamo le sue dichiarazioni riprese da TMW:
PERCORSO ADOLESCENZA – «Son dovuto crescere in fretta, a 16 giocavo ancora in una squadra di un oratorio. E guardandomi indietro mi chiedo come ho fatto ad arrivare a certi livelli. Sono approdato al Pergocrema e da lì è arrivata quella forza mentale per conquistare un qualcosa che dentro me non avevo. L’importante è quello che apprendi nel tuo percorso, ho fatto il barista, il meccanico prima di raggiungere questo traguardo e non me ne pento. Sono dovuto crescere in fretta, sì, ma questo mi ha portato a raggiungere i miei obiettivi. Mio padre mi ha spinto a provare nella Berretti del Pergocrema».
INSEGNAMENTI – «La mia concentrazione era recepire quello che l’allenatore mi voleva insegnare. Poi sono passato in prima squadra e rubavo a chi aveva esperienza. Ovunque avevo degli idoli da cui carpire qualcosa. Ovunque sono andato sono sempre partito in panchina ma poi alla fine ho sempre rosicchiato qualcosa. Non mi sono mai seduto su quelli che sono stati i miei successi personali, che poi personali non sono, ma sono successi di squadra».
APPRODO SAMPDORIA – «L’unità. È stato bravissimo Paolo Mantovani negli anni a puntare prima sugli uomini. Le stelle c’erano, Mancini e Vialli, poi tutti quei giocatori che sono riusciti a instaurare un rapporto dove oltre al campo ci si ritrovava, facendo una cena normale o andando a ballare. L’intento era raggiungere l’obiettivo, noi avevamo la consapevolezza che se prima avessimo costruito una famiglia, il gruppo avrebbe raggiunto i traguardi. In quegli anni non dimentichiamoci delle squadre che c’erano e i giocatori che avevano. Ma posso dire che abbiamo anche un rimpianto, non aver vinto nel 1993-94. Quell’obiettivo lo vedevamo arrivare perché c’era uno spirito nello spogliatoio di una fame di raggiungere un qualcosa come gruppo».
MESSAGGIO RAGAZZI DI OGGI – «Che un obiettivo ci deve sempre essere. L’importante è che se non ci si arriva non bisogna deludersi ma riprovarci. Io reputo il calcio in quattro categorie. Se uno gioca in Serie A è perché è un giocatore da Serie A. Se uno gioca sempre in Serie B è perché è un giocatore di B ma deve avere sempre l’obiettivo di vincere sempre».
MOMENTO SAMP – «Per chi ha vissuto tutte le stagioni, è aver portato 30mila persone a Wembley nel 1992. È la cosa che non dimenticherò mai (si commuove pensando a Vialli, ndr) perché manca una persona che ora non c’è più e diceva che fosse colpa sua perché aveva sbagliato diversi gol».
CALCIO ITALIANO – «Al giorno d’oggi, e non voglio incolpare nessuno perché sono cresciuto in un’epoca diversa, tanti lavorano per sé stessi e tanti lo fanno per la passione di vedere quel singolo giocatore fare un passo importante come anche andare in C o nei professionisti. Ma l’allenatore nel settore giovanile dovrebbe poter anche rischiare qualcosa. Basti pensare a chi ha lanciato il Camarda che ha esordito nel Milan a 16 anni, o a Pafundi che ora è con noi alla Samp. Il calcio di oggi non lascia più l’individualità di un giocatore».
ITALIA – «Spero di no. Ed è una situazione che ho vissuto quando siamo stati eliminati dalla Macedonia del Nord, il tutto quattro mesi dopo aver vinto un Europeo. Gattuso è un allenatore che ha la capacità di far capire cosa vuol dire indossare la maglia della Nazionale, poi dipenderà anche dagli avversari ma se i giocatori riusciranno a mettere in campo cosa dice il Ct, si può arrivare alla fase finale dei Mondiali. Poi tra il dire e il fare ci sono di mezzo due partite. Se l’Italia non sarà tranquilla? Lì deve essere bravo Gattuso: ci vuole personalità, e anche un po’ di fortuna. Se penso a come siamo usciti noi con la Macedonia con l’unico tiro in porta, voleva dire che non era serata».
PROBLEMATICHE CALCIO – «Il problema grande è che in questo momento mancano i talenti, ma si possono vincere anche le partite senza quegli elementi. Noi abbiamo vinto l’Europeo e avevamo e un gruppo che in quella bolla è riuscito ad avere la mente sempre a quello che uno doveva raggiungere partita dopo partita. Era l’avversario che ti dava lo stimolo. L’Europeo l’ha vinto il gruppo. Oltre al lavoro sul campo è stato fatto tanto anche al di fuori dagli allenamenti. Mancini è stato molto bravo a intuire i momenti in cui era giusto lasciare serenità e dopo due giorni ripartire».
CRISI SAMP – «Tutti crediamo in quello che facciamo. Se siamo 27 giocatori più tutto lo staff (tecnico, medico, comunicazione ecc) che crediamo che si può raggiungere l’obiettivo allora si può uscire da questa situazione. Non aspettiamo gennaio. Step by step: Juve Stabia, Spezia, ecc. Poi a gennaio ci penseremo».
LEGGI ANCHE: le ultime sul futuro della società blucerchiata