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Morte Vialli, Mancini: «Amici per sempre. Lo sento vicino a me»

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Mancini ricorda Vialli in una lunga intervista a Il Corriere dello Sport: dalla Sampdoria alla Nazionale Italiana

Roberto Mancini, fratello di Gianluca Vialli prima nella Sampdoria e poi in Nazionale, parla della sua grande amicizia con l’ex numero nove blucerchiato. Le parole al Corriere della Sera.

LUCA E SINISA – «Luca è vicino a me, a noi, sono convinto che sia così anche per Sinisa: lo spero e lo sento».

LA SCELTA DI GRAVINA – «Chiariamo una cosa, Vialli non l’ho chiamato io in Nazionale. Nominarlo capo delegazione è stata una felicissima intuizione di Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio: quando mi ha chiesto cosa ne pensassi del coinvolgimento di Luca, naturalmente gli ho detto di sì, il presidente ed io sapevamo quanto sarebbe stato importante per la Nazionale: il merito è di Gravina».

L’IMPORTANZA – «Conosceva il calcio, il nostro mondo. Era un capodelegazione atipico, rappresentava il presidente Gravina e la Federazione presso la squadra, ma la sua interpretazione del ruolo è andata oltre. Stava vicino al gruppo, parlava con i giocatori, sapeva quando e come intervenire. La sua leadership era spontanea, la nostra intesa era apprezzata, sapeva trasmettere ai più giovani i valori della Nazionale».

MAGLIA – «Luca credeva nella maglia azzurra, nell’importanza di quei colori: anche sdrammatizzando sapeva cogliere e, a sua volta, trasmettere il senso di appartenenza alla squadra. Ecco perché dico che era un capo delegazione atipico, ma fondamentale. Quando capita che un giocatore aveva bisogno di motivazioni, trovava la parola giusta e il giocatore ne percepiva il carisma. Vialli era davvero carismatico».

AMICIZIA«Forte perché è nata quando eravamo giovani, a 18 anni, in un ambiente e una squadra eccezionale, la Sampdoria, guidata da un presidente fantastico come Paolo Mantovani: l’atmosfera di unione, di leggerezza, ci legava: Luca e io eravamo sempre insieme, ci siamo divertiti. Eravamo ragazzi esuberanti, condividevamo un’infinita passione per il calcio: il bello è che quando le nostre strade si sono divise, lui prima alla Juventus e poi io alla LAzio, affetto e amicizia sono rimaste. Per sempre».

ABBRACCIO«In quell’abbraccio c’è tutto: la gioia, i nostri sentimenti, il momento difficile che stava vivendo Luca, la sua lotta contro la malattia, la conquista dell’Europeo a Londra, casa sua: vincere lì per lui è stato importante».

COMBATTENTE«Ha sempre lottato, ma negli ultimi giorni era un uomo stanco, sfinito, anche se nei momenti di lucidità reagiva, tornava ad essere lui, Luca, col suo sorriso. Ci siamo sempre voluti bene, mi mancherà, mancherà a tutti, ma sento che è vicino a noi, prego e spero che sia così, ne sono davvero convinto. Ha lottato con coraggio. I medici curanti non erano certo felici dei suoi spostamenti, dei suoi blitz in Italia in nome dell’amicizia, ma lo faceva perché questi momenti conviviali, questa voglia di vederci e di stare insieme, gli davano gioia. Anche se gli causavano grande fatica. Luca è sempre stato un guerriero, certo che vederlo così sofferente è stata una prova durissima per tutti noi che gli abbiamo voluto bene».

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