Gli Ex
Ex Sampdoria, Marcolin ricorda Mihajlovic: «Pretendeva sempre molto da se stesso, l’ho vissuto in ogni sua fase»
Dario Marcolin ha ricordato l’ex giocatore e allenatore della Sampdoria Sinisa Mihajlovic, il tutto parlando del loro rapporto: le sue parole
A distanza di qualche tempo dalla sua scomparsa, il ricordo di Sinisa Mihajlovic resta più vivo che mai nel cuore di chi lo ha conosciuto. Tra questi c’è Dario Marcolin, suo ex compagno di squadra nella Lazio, che ha voluto ricordare l’amico e l’uomo in una commovente intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport. L’ex centrocampista ha svelato retroscena di un rapporto che, nato sul campo da gioco, si è trasformato in un’amicizia profonda, capace di andare oltre il calcio.
L’amicizia nata in campo
Dario Marcolin e Sinisa Mihajlovic hanno condiviso un periodo d’oro nella storia della Lazio, sotto la guida di Sven-Göran Eriksson. In quel contesto di grandi successi, tra Scudetti e Coppe, è sbocciato un legame fatto di stima reciproca e lealtà.
Marcolin ha parlato di Mihajlovic non solo come di un compagno di squadra, ma come di un vero punto di riferimento. Il loro rapporto si basava su valori comuni e una profonda comprensione, elementi che cementano le amicizie più vere. L’ex centrocampista ha voluto sottolineare come, in quegli anni, Mihajlovic fosse già una figura carismatica e un leader indiscusso, capace di trascinare il gruppo con la sua personalità e la sua determinazione.
Oltre il campo: il ritratto di un uomo
Al di là dell’immagine pubblica di calciatore e allenatore dal carattere fumantino e inflessibile, Dario Marcolin ha voluto dipingere il ritratto di un uomo. Ha rivelato la sua incredibile sensibilità e generosità, doti che Mihajlovic – ex giocatore e allenatore della Sampdoria – celava dietro la sua facciata da duro. Le sue parole:
«Il lavoro con lui? Sì all’Inter e poi sono stato il suo secondo a Catania e Firenze. Le nostre famiglie sono molto unite. Ho vissuto Sinisa in ogni sua fase. Papà straordinario, severo ma che poi si scioglieva appena i ragazzi gli facevano gli occhioni, allenatore diretto. Pretendeva sempre qualcosa di nuovo, mi martellava su questo. Malattia? Quando è stato ricoverato per la prima volta ero a lì a Bologna. Appena siamo potuti entrare da lui, con la moglie, ci ha detto che prendeva 21 pasticche al giorno ma ha sempre reagito. Ha fatto il trapianto di midollo, è uscito e ha ripreso a fare tutto. È tornato anche a giocare a padel con me. Pretendeva sempre tantissimo da se stesso. Otto giorni prima di morire è andato a correre col figlio ed era lui che diceva al padre “dai, basta così”. Non voleva mollare. L’ultima volta che è entrato in ospedale era un sabato, il martedì dopo i medici dicevano che stava per morire. Se n’è andato il venerdì. È riuscito a regalarci qualche altro giorno».