2015

Non fuit in solo Roma peracta die

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A onor del vero è davvero triste dover iniziare un editoriale, una propria opinione, basandosi su un proverbio, una locuzione senza padre se non figlia del popolo. A onor del vero, però, è altrettanto triste dover constatare un aspetto che già due anni fa colpì la Sampdoria: il nuovo tecnico ha avuto poco tempo per estirpare le scorie lasciate dal vecchio e impiantare, innestare, le proprie idee nella testa dei giocatori. Parlo di due anni fa perché anche all’epoca si aspettò tanto per convincere Sinisa Mihajlovic a raggiungere la Sampdoria, per sostituire Delio Rossi: si dovette lavorare con la Federazione serba per liberarlo dal suo incarico da CT, si affidò la squadra temporaneamente a Francesco Pedone, che ad interim praticamente preparò la sfida successiva, lasciando all’attuale tecnico del Milan soltanto qualche giorno per innestare, in questo caso sì, grinta e coraggio.

A Vincenzo Montella è toccata una settimana appena, forse qualche giorno in meno, vanificando quello che poteva essere il vantaggio della sosta per le nazionali, che gli avrebbe concesso due settimane di tempo per provare a metterci del suo. Invece è ripartito da dove si era fermato Walter Zenga, con Carbonero nel tridente d’attacco, o probabilmente ancora sull’aereo di ritorno dalla Colombia, come un po’ anche Muriel. D’altronde non tutti possono essere come Higuain, che viaggia in Argentina, rientra e alle 12:30 praticamente trascina, insieme con Insigne, la propria squadra alla vittoria. Il viaggio è lo stesso, ma la condizione di ritorno è differente: eppure hanno disputato anche la stessa partita, Argentina contro Colombia, con minutaggi differenti. Forse qui intercorre la differenza tra un campione e un giocatore che prova a essere campione, con, quest’anno, scarsi risultati. 

A Vincenzo Montella è toccata una partita nella quale senza il suo stop di petto da 50 metri probabilmente non avrebbe trovato niente di entusiasmante o di accattivante, perché l’Udinese gioca poco e male, passa pochissimo la palla e crea pochissimo gioco: fossi una persona affezionata alle statistiche vi direi che l’Udinese ha completato 227 passaggi contro i 435 della Sampdoria, che ne ha provati 551, indovinandone, quindi, il 79% circa. Ve lo direi e ve lo dico, perché è il modo più semplice per rendersi conto di come al Friuli abbiano impostato il gioco nella gara di ieri e di come il gol di Badu, bello solo per l’assist di Thereau, sia l’intrecciarsi di situazioni individuali che portano al successo finale. Già, le situazioni individuali, le giocate individuali, che ieri sono completamente mancate, che si tratti di Eder o di Cassano, che da subentrato non è riuscito a fare molto. Salvo far credere a Zukanovic di potersi disimpegnare con un tacco di prima finito chissà dove sulla trequarti campo. 

Il problema è che la Sampdoria ieri non ha tirato nemmeno una volta in porta, contro le quattro dell’Udinese: nello specchio della porta difesa da Karnezis non è finito nulla, vanificando quel possesso palla che annovera un 61% alla Sampdoria contro il 39%, scarnissimo, dell’Udinese. È lo specchio di una situazione che va cambiata, di una mentalità che non è abituata a vincere fuori casa e che fa della spinta del Luigi Ferraris la propria forza. A Vincenzo Montella è toccata una situazione che ha subito inquadrato, che ha subito sottolineato alle telecamere. Dice di essere fiducioso, lo siamo tutti, perché dopo una settimana non si può pretendere un miracolo, nemmeno Pep Guardiola, che abbiamo imparato a idolatrare come messia del calcio, ce l’avrebbe fatta. Tanto più se quella settimana ti dà cinque degli undici titolari per pochissimi giorni, causa Nazionali. Tanto più se due di quei cinque tornano con la testa altrove e con il corpo piantato dal jet lag. 

A Vincenzo Montella è toccata una bella sfida, che vincerà, perché intanto la Sampdoria a 16 punti non ci può stare, non con questo organico, non con questa rosa, non con queste aspettative. Perché la Sampdoria di quest’anno ha ben altri valori da mettere in campo e da mostrare, che vanno oltre i lanci lunghi di Emiliano Viviano, ieri finalmente tornato a passarla con le mani, al difensore vicino, per costruire gioco, per passarla con cognizione di causa, non alla viva il parroco. Toccherà lavorare sulla mentalità, sul carattere di questi ragazzi, insegnare loro come si vincono le partite. E Vincenzo Montella è l’uomo giusto per farlo, avrà solo bisogno di un po’ di tempo in più. D’altronde, non fuit in solo Roma peracta die. 

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