2015

Pinuccia Sardella, quarant’anni di Samp: «Ricordo con piacere i Mantovani. Ferrero…»

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Ieri la Samp ha pubblicato l’annuncio di un addio particolare: Pinuccia Sardella, segretaria del club di Borgo Pila, raggiunge la pensione dopo quarant’anni di onorato servizio a tinte blucerchiate. Un’avventura ripercorsa nell’intervista rilasciata a “Il Secolo XIX”, dove la Sardella ha ripercorso alcune tappe del suo percorso con il Doria.

Il primo pensiero è per Paolo Mantovani, l’uomo che ha cambiato la storia della Samp: «Definirlo in una parola? Umanità. Quando si arrabbiava, non c’erano scuse che tenessero. Mandò via personaggi importante che erano arrivati con mezz’ora di ritardo all’appuntamento e il procuratore di Jarni che aveva provato a giocare al rialzo. Non mi sgridò mai. Quando andammo a Wembley, su suo invito, portai mia figlia Carlotta: aveva otto anni. Dopo la partita, considerato il traffico che regnava per strada e in aeroporto, trovò il tempo di preoccuparsi per noi e chiedere se andava tutto bene. Aveva un rapporto speciale con i giocatori: una volta Vialli entrò in ginocchio nell’ufficio di presidenza, credo per scongiurare Mantovani di non venderlo al Milan…».

Profilo diverso per suo figlio Enrico, succeduto al padre alla guida del club: «Sampdorianissimo. Splendida persona. Umanamente ricchissima, come del resto tutta la sua meravigliosa famiglia». Su Nassi e Borea: «Nassi mi chiama ancora adesso: «Tu sei la Sampdoria», mi ripete. Borea mi portò a Sofia con il presidente e due procuratori per scrivere il contratto di Jugovic in inglese. Lo sapevo solo in modo scolastico, però mi diceva che ero brava». Sui giocatori più simpatici: «Potrei dire Lombardo, Cerezo e Vialli, ma come faccio a non metterci Invernizzi, Pellegrini e tutti gli altri di quella squadra. Ne sono passati tanti di ragazzi in sede: mi vengono in mente Chiorri, Orlandi, Bedin, Rossinelli, Nicolini, Logozzo e Pezzella. Ma quello degli anni d’oro è stato il gruppo più bello, unito e straordinario».

Parole al miele anche per Trevor Francis, che ha lasciato grandi ricordi a Genova: «Un gentiluomo. Al suo arrivo, si affacciò dal balcone di via Venti. Sotto c’era la strada bloccata. Dopo qualche giorno, Borea mi chiese se potevo accompagnare sua moglie Helen a fare shopping perché non conosceva la città. Lei non parlava una parola d’italiano, del mio inglese ho detto… una comica». Persino qualche allenatore le è rimasto nel cuore: «Lauro Toneatto e il suo particolare modo di parlare. Poi Enzo Riccomini, Vujadin Boskov naturalmente. E poi il primo, il grande Fuffo Bernardini». Non si dimentica dei tifosi: «Ho molto affetto per i vecchi Ultras e Fedelissimi, anzi per tutti i tifosi blucerchiati in generale».

Alla fine ricordare è stato bello: «Vorrei nominare tutti, dal professor Chiapuzzo che aveva lo studio in sede a tutti i medici. Chi ha lavorato negli uffici, chi al campo. Di Riccardo Garrone non dimenticherò mai l’impegno profuso all’inizio della loro avventura per ricreare una società e quindi una squadra competitiva. E il manager da loro chiamato, Marotta. Dopo la festa a sorpresa di Enrico Mantovani per i miei 25 anni in Samp, trenta rose meravigliose per i 30 da Marotta e una targa di Garrone con parole bellissime». Ferrero è stato più appariscente: «Mi dice che festeggeremo i cinquanta… è una persona vulcanica: talvolta ruvida, certamente spontanea. Fuori conoscono la sua esuberanza, ma io ho conosciuto la sincerità che mette nei rapporti personali».

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