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Ravaglia: «Sampdoria, firmerei a vita. D’Aversa? Vi spiego che allenatore è»

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Nicola Ravaglia, terzo portiere della Sampdoria, si racconta ai microfoni de Il Secolo XIX: le sue parole

Nicola Ravaglia, terzo portiere della Sampdoria, si racconta ai microfoni de Il Secolo XIX: le sue parole su Roberto D’Aversa, Fabio Quagliarella e il futuro.

FASCIA DA CAPITANO – «Non so di chi sia stata l’idea, penso del mister, è lui quello che decide. Quando Leonardo Liso me l’ha consegnata durante il riscaldamento mi sono emozionato tantissimo. Lì per lì non ci credevo. L’ho portata con grande orgoglio. Per me tutto quello che mi capita da quando sono arrivato alla Sampdoria me lo prendo e me lo gusto. Anche un solo minuto di un’amichevole. Sono carico oggi come il primo giorno. Quando vesti la maglia blucerchiata non puoi essere schizzinoso».

MUSICA – «La mia canzone preferita? Il testamento di Tito. Arrivato a Genova una delle prima cose che ho fatto è andare in via del Campo. Abito a centro metri dalla stazione di Sant’Ilario, “Bocca di Rosa” me la ricorda ogni giorno. Sono di quelli che considera Bob Dylan il De Andrè americano e non viceversa. Nei suoi testi ho trovato un filo condutture che mi coinvolge che forse si lega anche alla solitudine del portiere. Ruolo un po’ fuori dal contesto in una partita di calcio».

PSICOLOGIA – «È un percorso lungo fatto anche di momenti difficili. Sono andato anche a un passo dallo smettere quando ero al Vicenza, a 25 anni. Avevo mal digerito il declassamento, ma soprattutto non mi divertivo più. In quel momento di confusione mi sono avvicinato prima alla psicologia, poi alla psicologia applicata allo sport, alla programmazione neuro linguistica. Attraverso letture e anche confronti con specialisti. E sono ripartito alla grande. Ho capito che è l’idea, la sua forza, il motore di tutto».

QUAGLIARELLA – «Io sono un lavoratore da campo, lui uno che continua a scrivere film nel calcio eppure non ha mai smesso di aver voglia di migliorare. Ci siamo trovati. Per me Fabio è uno stimolo incredibile, va alla ricerca del dettaglio come fosse una questione di vita o di morte. In quei momenti parliamo di tante cose, portiere avversario, traiettorie dei rigori, di di cultura, di attualità… è un momento tutto nostro, corretto. È chissà presto potremmo imitare Federer, prima di giocare con Gasquet e tirare fuori un mazzo di carte, lì sul campo…».

SORRISI – «È una mia caratteristica il pensiero positivo. Obbligatorio per raggiungere i grandi traguardi, superare le difficoltà. L’ironia rende tutto più leggero. E la leggerezza rende più veloci. Amicizia, complicità, condivisione del sorriso sono valori importanti».

FUTURO – «Sono in scadenza. Ma se mi offrono un rinnovo a vita con la Sampdoria, firmo subito».

D’AVERSA – «È un tecnico moderno che interpreta il ruolo in chiave moderna. Non deve stare solo tra i pali, ma aggredire gli spazi davanti alla porta e sapere giocare con i piedi. Il mister mi sembra caratterialmente molto deciso. Sa quel che vuole e di conseguenza noi gli andiamo dietro. Quando c’è una guida così diretta hai poche domande da farti, devi solo lavorare sodo».

PANCHINA – «Quando ho scelto di venire alla Sampdoria sapevo esattamente quale sarebbe stato il mio ruolo, di che cosa avevano bisogno. A 32 anni hai altre leve motivazionali rispetto ai 22. Festeggerò un anno che non gioco godendomi un nuovo giorno alla Sampdoria».

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