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Regini da record: «Vi svelo il segreto». E sulle critiche…

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Regini si racconta: dall’infortunio alla nascita della sua secondogenita, la voglia di tornare e le critiche ormai superate

Vasco Regini è quasi pronto a mettersi a disposizione del tecnico Marco Giampaolo. Dopo 148 giorni il difensore della Sampdoria fa un bilancio della situazione: cosa gli manca, cosa lo sprona a dare il massimo, chi è stato importante nella sua carriera. Si parte dall’infortunio, che ormai appartiene al passato: «Già prima della risonanza avevo intuito la gravità dell’infortunio. Nella malasorte sono stato quasi contento che oltre al crociato non avessi subito altri danni. Io ci ho messo la volontà, ma chi ha lavorato intorno a me, dal professor Borino a tutti i fisioterapisti, ha fatto cose egregie. Ma lo sapevo: ricordo bene i recuperi di ex compagni come Viviano e De Silvestri. Sono rimasto ricoverato per dieci giorni e in quel periodo è nata la mia secondogenita, Maria Vittoria: uno stimolo mentale in più a ritornare in fretta. Sono andato a Domodossola per svolgere due fasi della rieducazione, con un lavoro molto diverso dal solito: corse nei boschi, tennis, allenamenti sulla sabbia. A livello mentale è stato molto importante variare».

«Non sono ancora al cento per cento, perché mi manca il ritmo partita, ma fisicamente mi sento bene. Già tre mesi fa ho iniziato a fare parzialmente i primi allenamenti con la squadra. Ed è stata una vittoria. Ora la pausa mi servirà a presentarmi alla ripresa del lavoro a livello dei compagni. Mi manca forse solo un po’ la reattività nel leggere alcune situazioni di gioco. Miglior Sampdoria della mia carriera? Parlerei di un momento molto positivo. Se ripenso alla gestione Mihajlovic, a livello di punti facemmo addirittura l’andata un po’ meglio, anche se ora siamo più avanti in classifica. Il nostro andamento però è sicuramente al rialzo, speriamo di continuare così anche nel ritorno. Ci può essere stato qualche passaggio a vuoto, ma è normale. La nostra unica pecca nel passato è stata quella di non essere riusciti a confermarci sullo stesso trend anche nella parte finale del girone di ritorno».

«Uomo spogliatoio? Non sono l’unico che può dare l’esempio – riporta la Gazzetta dello Sport -. In gruppo abbiamo compagni come Quagliarella e Barreto, capaci di dare qualcosa di più anche fuori dal campo. Sono orgoglioso di essere rimasto tanti anni in una società prestigiosa dove, a parte i quattro mesi a Napoli nel 2014, gioco da quasi sei anni. Non è mai facile confermarti su livelli così nel calcio di oggi. Le critiche? Lo riconosco, un po’ ho percepito questo fatto di dover dimostrare qualcosa, ma sono abituato a guardare avanti senza farmi condizionare troppo da queste cose. Mi sono dato questa spiegazione: quando rimani tanto a lungo nella stessa squadra ci si aspetta sempre qualcosa di più. E se non riesci a migliorare di anno in anno, sembra che le cose non vadano bene. Il passato con Sarri? Difende alla stessa maniera di Giampaolo, è stato importante per me. Poi Marotta e Paratici mi presero alla Sampdoria per fare il terzo di difesa. Con Mihajlovic sono tornato a giocare come terzino mancino. La mia duttilità alla lunga è stata positiva. Ha fatto comodo agli allenatori potere schierare in due ruoli diversi della difesa, ma è stata preziosa per farmi crescere».

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