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Tra Sampdoria ed ecologia: nuovo appello di Thorsby

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Morten Thorsby, centrocampista della Sampdoria, si racconta tra le pagine della rivista Athleta e lancia un appello al mondo del calcio

Morten Thorsby si racconta. Il centrocampista della Sampdoria, attraverso le pagine della rivista Athleta, ha fatto il punto sui suoi progetti e ha lanciato un appello al mondo del calcio.

L’APPELLO – «Credo che i giocatori e gli atleti in generale abbiano un’immagine pubblica che devono sfruttare. Tu calciatore devi comprendere che nella società vanti un ruolo privilegiato: le persone ti seguono, ti ascoltano… E non puoi sprecare questa possibilità. Pensare di essere solo calciatori è limitante, si finisce per essere figure fini a sé stesse. Studiando ed esprimendo concetti profondi, invece, un calciatore può pensare nel suo piccolo di aiutare la società a cambiare in meglio e, contemporaneamente, di modificare lo stereotipo di atleta votato alla superficialità, alle banalità del mondo contemporaneo».

LEGAME – «Da piccolo sono stato fortunato, la mia famiglia mi portava ogni weekend a passeggiare in montagna o ad osservare il nostro mare. Quando sei così vicino alla natura, cresce implicitamente, inconsapevolmente, un legame personale con l’ambiente. Anche lo sport mi ha aiutato sotto questo punto di vista, parallelamente al calcio ho provato di tutto: sci di fondo, alpinismo, golf… La natura è sempre stata un denominatore comune, un qualcosa attorno a cui sono ruotate la mia infanzia e la mia adolescenza. A scuola poi, verso i 13 anni, ho iniziato ad appassionarmi all’ecologia, ad approfondire questo tema, studiando e informandomi il più possibile».

MATURAZIONE – «A 17 anni sono andato in Olanda, ad Heerenveen per la precisione, con l’obiettivo di fare un passo avanti nella mia carriera calcistica e approcciarmi all’Eredivisie. In questa nuova città mi sono trovato spesso da solo e ho avuto il tempo per maturare ulteriormente la mia vocazione ecologista. Ho divorato saggi, articoli, libri… È stato un modo per crescere a livello personale e per comprendere appieno quali fossero (e siano tuttora) i problemi che ci attanagliano. In Olanda ho realizzato come l’affinità di una persona con la natura non sia una cosa scontata: tanti tra coloro che crescono in una città non sanno cosa voglia dire questo tipo di rapporto speciale. Ad Heerenveen, rispetto alla mia terra, ho subito notato una nuova equazione socio-ambientale: meno spazio, meno verde e più persone».

CAMBIAMENTI – «Il mio primo grande gesto di sensibilizzazione è avvenuto nel 2015. All’epoca stavo riflettendo sull’ambigua situazione norvegese: un Paese tanto legato al tema green, quanto basato economicamente sull’estrazione del petrolio. Mi chiedevo come fosse possibile una tale incoerenza. Ironia della sorte, Statoil, la principale compagnia petrolifera nazionale (oggi divenuta Equinor), mi ha voluto consegnare un premio come sportivo emergente dell’anno. Io l’ho rifiutato, causando molte reazioni in Norvegia. Per me era importante che le persone capissero, anche attraverso una simile azione, che qualcosa della nostra situazione non quadrasse: che una compagnia petrolifera non potesse lavarsi le mani e camuffare le proprie azioni semplicemente consegnando premi o sponsorizzando le varie selezioni Nazionali. Credo fermamente nello stuzzicare la curiosità della gente, nel far loro porre delle domande interiori, solo così si può giungere a dei veri cambiamenti».

SENSIBILITA’ – «In Carlo ho trovato una testa, una mente aperta. In molti casi è più complesso trasmettere determinati concetti: davanti a una mente chiusa è praticamente impossibile. Un individuo ha tante possibilità per fare la differenza, spesso non si ha la percezione di quanto una singola vita possa essere importante: cambiare la propria esistenza porta inevitabilmente a cambiare anche quella di chi ti sta intorno. È un’onda che si propaga. Nel caso della sostenibilità e dell’ecologia è fondamentale questo processo: non puoi imporre la tua idea, altrimenti nessuno la seguirà, devi dimostrare e sensibilizzare, devi connetterti agli altri. Per esempio la gente che mi vede sulla macchina elettrica non mi chiede perché lo faccia, semplicemente pensa e realizza che sia la cosa giusta da fare, che scelte di questo tipo debbano rappresentare il nostro futuro».

PROGETTO – «We Play Green è nato negli ultimi mesi, l’intento è quello d’accrescere la consapevolezza, tramite lo sport, sui problemi ambientali. Non ho la presunzione di essere una voce autorevole, è la scienza stessa a sottolineare il fatto che i più grossi problemi del nostro futuro dipenderanno dai cambiamenti climatici. Io sviscero, assimilo e riporto le informazioni che grandi esperti studiano ogni giorno. La sostenibilità e l’ecologia devono giocare un ruolo primario non a partire dal domani, ma già dall’oggi. Noi siamo l’ultima generazione e siamo la più distante dall’ambiente: dobbiamo capire che la natura è fondamentale per tutti noi».

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