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Schick, sospetta aritmia cardiaca: cause e prognosi

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Patrik Schick avrebbe sviluppato una lieve aritmia cardiaca, un rischio non fermarlo per l’Europeo U21: le cause e la prognosi

La diagnosi definitiva non è ancora arrivata ma il problema al cuore che avrebbe colpito Patrik Schick sarebbe una lieve aritmia cardiaca. Questa patologia, le cui cause d’insorgenza non sono ancora del tutto chiare in quanto può svilupparsi anche nell’arco di mesi, impedisce al giocatore di praticare attività agonistica perché il rischio più grande è quello dell’infarto. Infatti negli altri casi in cui è stata diagnosticata, il primo passo è stato negare al giocatore l’idoneità sportiva. La situazione di Schick può essere avvicinata, seppur con il dovuto riserbo in attesa di un responso definitivo dai medici, a quella di Biabiany. Tralasciato il riposo forzato a cui devono seguire ulteriori esami, nel caso in cui la patologia permanga il passo successivo sarebbe l’intervento chirurgico. Biabiany alle prime visite mediche con il Milan non aveva avuto alcun problema, mentre a quelle per l’idoneità agonistica era stato fermato per aritmia cardiaca: tutto questo nell’arco di due mesi, luglio-settembre.

È lecito dunque chiedersi quando questo sospetto sulle condizioni cardiache di Schick sia stato rilevato o per quale motivo non sia stato rilevato nel momento in cui si è aggregato alla sua nazionale per disputare l’Europeo Under 21. Non è chiaro se già nelle prime visite mediche del 22 giugno allo Juventus Medical Center venne riscontrata questa lieve aritmia, ma permettergli di scendere in campo con la massima serenità ha rappresentato un bel rischio per la salute del ragazzo. Se la diagnosi dovesse essere confermata, inizierà un periodo di detraining: il giocatore verrà messo a riposo forzato, successivamente sottoposto a controlli cadenzati nel tempo per monitorare questa anomalia. Al termine del periodo di riposo, che può variare da soggetto a soggetto, nuovi controlli daranno l’ulteriore responso per capire quale strada medica sia la migliore da intraprendere per tutelare la salute dell’attaccante. La speranza è che, essendo definita “lieve”, sia comunque una patologia che non necessiti di un intervento chirurgico, capace di tenere l’attaccante lontano dai campi per molto più tempo.

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