Ranieri pensa ai tifosi della Sampdoria: «Non sarà la stessa cosa»
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Ranieri pensa ai tifosi della Sampdoria: «Non sarà la stessa cosa»

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Il tecnico della Sampdoria Ranieri pensa alla ripresa del campionato di Serie A: «Senza i tifosi allo stadio non sarà la stessa cosa»

Claudio Ranieri si racconta in una lunga intervista a The Times of India. Il lockdown a Genova, la ripresa della Serie A, la filosofia di gioco e gli stadi senza tifosi: questi i temi toccati dal tecnico della Sampdoria.

CORONAVIRUS – «Sto bene, anche in famiglia stanno tutti bene. Ho trascorso il lockdown a Genova con mia moglie. La Sampdoria ci ha fornito tutto l’aiuto di cui avevamo bisogno per superare questo periodo difficile. Attraverso chat e videoconferenze sono stato in contatto con club, staff e squadra. Non è la stessa cosa, rispetto a quello a cui eravamo abituati. Io amo il contatto umano, viaggiare. Trovarmi bloccato in un appartamento è stato strano. Mi ci sono abituato comunque. Stare a casa era l’unico modo per aiutare le persone a combattere e salvare la vita dei pazienti affetti da Coronavirus».

SERIE A – «Siamo tornati ad allenarci da alcuni giorni. Ora si aspettano le decisioni del Governo sulla ripresa del campionato. Ci sono molte cose che vanno considerate, a partire dai problemi medici e di salute. Nessuno sa ancora quali potrebbero essere le conseguenze per i giocatori che sono risultati positivi. Le nostre abitudini sono cambiate, stiamo procedendo con cautela, facciamo molti test e monitoriamo i giocatori quotidianamente. Se il campionato riprenderà, giocheremo molte partite un breve lasso di tempo, quasi tre alla settimana. E giocheremo d’estate, nel periodo più caldo dell’anno. Non ci sono mai stati casi simili, dovremo appellarci al buon senso e alla capacità di adattamento. Meno male la regola delle cinque sostituzioni è stata approvata, sono favorevole e sono sicuro che ci aiuterà. Se riprendiamo le partite saranno a porte chiuse e il calcio senza tifosi non è calcio. Giocheremo per vincere in stadi vuoti».

DUE MESI SENZA CALCIO – «Essere in campo è tutto per un calciatore. Sono professionisti, ma hanno passione per questo gioco. Riprendere gli allenamenti è stato molto gratificante per loro, devono tornare in forma, prepararsi anche mentalmente. Si sono allenati a casa, rispettando i programmi di allenamento, ma c’è differenza tra correre su un tapis roulant o fare cyclette, rispetto ad allenarsi con il pallone. I calciatori vogliono giocare, ma son preoccupati per le stesse cose: salute loro e delle famiglie. Non credo che il primo pensiero della maggior parte degli italiani riguardasse il calcio e la ripresa del campionato all’apice dell’epidemia. Ora che l’Italia si sta riprendendo, il livello di interesse è diverso anche se, come in Germania e in altri Paesi, i tifosi dovranno abituarsi a guardare le partite in televisione. Sarà una situazione nuova per quelli che sono abituati ad andare regolarmente allo stadio. Questo è un aspetto che il calcio non può sottovalutare perché è la prima volta che succede da oltre 100 anni. Il gioco sarà diverso, ma proprio come tutti gli altri in tutto il mondo, spero che il calcio che abbiamo sempre amato possa tornare al più presto. Ora dobbiamo stare attenti e assumerci le responsabilità».

STADI VUOTI – «Sarà una situazione strana, nuova e innaturale. Spero che si possa tornare presto alla normalità. Senza la passione dei tifosi non è la stessa cosa. Non sono mai stato coinvolto in una partita a porte chiuse da giocatore, ma mi è successo un paio di volte come allenatore, di recente con la Sampdoria l’8 marzo prima che tutto fosse bloccato. Non sembrava una partita in casa: i tifosi hanno sempre un ruolo chiave e sostengono la squadra, anche quando il risultato non è buono ed è come se fossero anche loro in campo. Non avremo questa sensazione per un po’ e sicuramente ci mancherà».

CAMBIAMENTO – «Spero che in tutto il mondo le persone siano più forti dopo questa terribile esperienza che non eravamo pronti ad affrontare. Il calcio sta vivendo un cambiamento storico, proprio come ogni aspetto della vita, ma è ancora presto per sapere se tutti, senza eccezioni, hanno imparato qualcosa. Il calcio in campo non cambierà. L’essenza del gioco rimarrà uguale, ma come industria ci saranno cambiamenti dettati dalle conseguenze della crisi finanziaria che ha colpito ogni settore, incluso lo sport. Sono un eterno ottimista e sicuramente la mia filosofia non cambierà».

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