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Pellegrini racconta il passato: «Sampdoria squadra della mia vita. Ho una ferita aperta»

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Luca Pellegrini, storico capitano della Sampdoria, ha parlato a Telenord del suo passato in blucerchiato: le sue dichiarazioni

Luca Pellegrini, ex capitano della Sampdoria, ha parlato a Telenord del suo passato in blucerchiato tra aneddoti e retroscena. Le sue dichiarazioni.

PRIMA INTERVISTA E SCUDETTO ALLA SAMPDORIA – «Era la prima intervista da Sampdoriano, arrivai insieme all’avvocato Colantuoni al Palasport, dove c’era un torneo molto importante per dilettanti. Eravamo arrivati insieme a un giovane con la valigetta: Beppe Marotta. Ero un ragazzo giovane, avevo appena compiuto 17 anni ed era la prima volta che mi trovavo lontano da casa. Mi accingevo a vivere quella che sarebbe stata la squadra della mia vita, perché lì ebbi la fortuna di giocare 11 anni. La prima frase che ho detto al Presidente in occasione di Samp-Lecce, quando ci aveva richiamati tutti nel tunnel, in attesa che qualche tifoso uscisse dallo stadio “Presidente chi l’avrebbe mai detto 11 anni fa, che saremmo riusciti a vincere lo scudetto”. E lui mi aveva risposto “Parole sante”. Il Presidente era arrivato alla Samp quando era in serie B,  ed era una Samp un po’ sull’ascensore tra la A e la B. Sono stato il primo ad arrivare, io e Guido Bistazzoni, che non ha avuto la mia stessa fortuna».

COLANTUONI E L’ARRIVO IN BLUCERCHIATO – «Ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada sia Colantuoni, sia Marotta. Con Beppe addirittura io avevo 10 anni e lui ne aveva 16 anni per far capire che Marotta è cresciuto a “pane e calcio”. Lui era un collaboratore all’interno dello staff bianco rosso e ogni domenica quando apriva lo spogliatoio del Varese diceva:”Oggi il raccattapalle lo fa Luca, Massimo, Andrea, Gigi”. Lui era già dentro in queste situazioni e, poi è diventato quello che è diventato. Il presidente Colantuoni è una persona splendida, di una grande sensibilità, umanità. Quando feci il campionato da titolare, nel girone di ritorno quando eravamo retrocessi in serie C, si parlava del sottoscritto a Torino, nel Toro oppure nel Milan, rimanendo ancora un anno in prestito al Varese. Una domenica mattina ero in vacanza a Viareggio e arrivarono sia Colantuoni, sia i miei genitori. Gli dissi immediatamente “Che cosa ci fate qua?” e mi disse:” Guarda, ci sarebbe un opportunità, ti manderei da un carissimo amico Mantovani”. Da qui è nato tutto e nel giro di 24 ore ho dovuto scegliere. Ho fatto la scelta migliore».

IL CAMMINO VERSO LO SCUDETTO – «Sono stato il primo ad arrivare. Il termine “scudetto” non l’avevamo mai citato negli anni precedenti, ma se uno va ad analizzare dall’84/85 ad arrivare al ’90/91 è stato un percorso di crescita. I pulcini, dopo anni erano diventati dei galli, c’è stata una maturazione della squadra, è maturata ogni anno. La strategia era quella di comprare giocatori, a parte Mancini, di serie B, di serie C includendo qualche giocatore che faceva fare un salto di qualità. E tutto si è realizzato con lo scudetto, perdi la finale della coppa delle coppe ma vinci quella successiva. Per 2/3 del campionato eravamo sempre lì. Quando si perdeva la partita fondamentale per vincere lo scudetto, inconsciamente tutte le attenzioni erano rivolte alla Coppa, la concentrazione è circoscritta in quei 100 minuti e non è come il campionato che bisogna avere un intensità di 9/10 mesi continuativi. Lo scudetto è arrivato quanto la maggior parte di noi aveva 26/27 anni, come se a quell’età, tutti quanti fossimo maturati per mantenere quel tipo di atteggiamento nell’arco di tutto il campionato».

WEMBLEY – «Non sono andato via, mi hanno lasciato senza contratto. Per me è una ferita aperta. Comunque andasse per me è un dispiacere, non ho mai visto una partita della Samp. Sono stato tradito, è ben diverso dall’essere deluso perché la delusione è quando riponi fiducia e il tradimento è quando tu hai già riposto la fiducia in qualcosa, è una certezza che ti è stata sottratta. Orgoglioso di aver fatto tutto il percorso netto dalla B alla serie A e poi quel che sarà sarà».

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