Coronavirus, parla Mihajlovic: «Stare a casa è un privilegio»
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Coronavirus, Mihajlovic: «Dopo guerre e ospedali, stare a casa è un privilegio»

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Mihajlovic sul Coronavirus: «Dopo guerre, bombe e ospedali, stare a casa è un privilegio»

Il tecnico del Bologna Sinisa Mihajlovic, durante la lunga intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, ha commentato così le norme restrittive adottate in Italia per fronteggiare l’emergenza Coronavirus: «Capisco che per chi non è abituato può sembrare un sacrificio, ma per me queste precauzioni che ci impongono sono una passeggiata. Ho passato mesi chiuso in una stanza di ospedale tre metri per tre, attaccato a fili e flebo, senza poter aprire neanche una finestra, pensi sia un problema essere in famiglia, a casa, e uscire in terrazzo a fumare una sigaretta? Sono mesi che uso una mascherina e non abbraccio e do la mano. Non ho dovuto cambiare le abitudini. Sono un po’ orso, non mi ha pesato evitare tanti contatti, anzi scherzando dico spesso che terrò questa precauzione per i prossimi 5 anni».

Di certo, quella di Mihajlovic non è stata un’infanzia semplice. Questa, insieme al recente periodo di malattia, hanno temprato non poco l’ex tecnico della Sampdoria: «Com’è la vita a casa? Per me piacevole. Non sto sminuendo né i pericoli del Coronavirus, che debelleremo, né l’ansia di chi magari non è abituato a stare chiuso in casa. Anche mia moglie Arianna sembra un leone in gabbia: fa l’uncinetto poi si alza, poi lo riprende, poi va in cucina, poi in camera, poi torna… Si muove più lei di certi calciatori in campo (ride, ndr). Esce solo per fare la spesa. Ognuno ha il suo vissuto, non faccio paragoni. Ma secondo te dopo aver vissuto due guerre, le bombe che potevano distruggerti la casa, i coprifuoco, sarà mai un problema stare a casa, sul divano davanti alla tv, leggere un libro o andare in terrazzo a fumare? Dopo mesi in ospedale stare in casa con la mia famiglia intorno è un privilegio. Io ormai apprezzo ogni singolo momento della mia vita. Ci chiedono solo questo: stare in casa. Gli ospedali in alcune regioni sono pieni, le terapie intensive non bastano per tutti. Io so di cosa parlo purtroppo. E non c’è solo il Coronavirus da curare negli ospedali: i medici stanno facendo un lavoro enorme, abbiamo il dovere di aiutarli evitando che il contagio aumenti e di essere un pericolo per le fasce più deboli e delicate di salute».

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