Veron: «Sampdoria pensiero fisso. Ritorno? Non chiudo la porta»
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Veron: «Sampdoria pensiero fisso. Ritorno? Non chiudo la porta»

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Juan Sebastian Veron si racconta in diretta Instagram: le parole dell’ex centrocampista della Sampdoria

Juan Sebastian Veron ha ripercorso in una diretta Instagram l’esperienza vissuta con la maglia della Sampdoria. Le dichiarazioni dell’ex centrocampista argentino.

CORONAVIRUS – «Siamo a casa. La situazione qui è particolare perché la gente è costretta a uscire per lavorare e non può. Ci vorrà molto tempo per superare questo periodo».

SAMPDORIA – «La prima immagine che mi viene in mente è quando mi hanno detto che c’era una squadra che mi voleva nel ’96. Ero in Cina con il Boca Juniors, Maradona mi raccontava della squadra a cui sarei stato venduto. Io non sapevo molto della storia della Samp, mi ricordavo solamente la finale di Champions League del ’91 contro il Barcellona. Non sapevo dove sarei andato, ma sono partito al buio. In poco tempo si è rivelata una famiglia: dal presidente ai magazzinieri. Ogni volta che parlo con figli e ragazzi che giocano a calcio, parlo sempre della Sampdoria. Mi torna sempre in testa, ho finito le parole».

ESPERIENZA IN BLUCERCHIATO – «Ho vissuto due anni incredibili lì, specialmente il primo perché per me si trattava di un campionato diverso. Ho tenuto duro, grazie anche ai miei compagni. Ho trovato una società solida e una squadra forte, perfetta per la mia crescita».

RICORDO PIU’ BELLO – «Ne ho tanti. Se devo dirne uno, lo stadio. Quello dell’Estudiantes, che abbiamo inaugurato da poco, è molto simile».

BOGLIASCO – «Avevamo il campo in terra battuta e per non rovinare il campo principale in erba, quando pioveva, ci allenavamo lì».

GOL AL PERUGIA – «È stato uno dei primi, bellissimo. Se lo riprovo dieci volte, la palla finisce sempre in curva… Con Mihajlovic provavamo lo schema in allenamento, in quell’occasione ho visto arrivare la palla: o stoppavo o calciavo. Io ci ho provato e la palla è finita sotto l’incrocio».

TIFOSI – «Ho un ricordo bellissimo dei tifosi e della città. Spero sia lo stesso per loro».

MAGLIA – «È fantastica. In Argentina c’è molta gente che tifa Sampdoria, addirittura un cuoco famoso».

MANCINI – «Ho la sua maglia, gliela chiesi a San Siro. Per me Roberto è stato un fratello. Era un rompipalle in allenamento, ora l’età lo ha calmato. Era meglio evitare di allenarsi con lui (ride, ndr). Per me è stato un esempio: sempre concentrato, non mollava mai di un centimetro».

ALLENATORI – «Dico sempre che per fare il tecnico bisogna avere il carisma di Boskov e la pazienza di Eriksson. Boskov aveva personalità, era sempre lucido e diretto. E poi aveva un rapporto particolare con la Sampdoria. Eriksson mi ha dato fiducia all’inizio: era rilassato, non alzava mai la voce».

ARGENTINA – «I miei primi passi in nazionale li ho mossi grazie alla Sampdoria. È stata un’emozione forte, è stato uno dei periodi più belli della mia carriera da calciatore. Poi ho trovato lo spazio per affermarmi».

CONSIGLI A UN GIOVANE ARGENTINO – «Non è facile integrarsi, anche se con i social puoi restare in contatto con amici e parenti. Bisogna avere pazienza e imparare subito la cultura del paese. Conoscere la città e i tifosi. Io quando sono arrivato non avevo nessun compagno con cui parlare lo spagnolo e ho dovuto apprendere la lingua italiana».

RITORNO ALLA SAMPDORIA – «Sono molto legato ai blucerchiati. Se ci fosse un progetto in futuro, valuteremo. Non si sa mai, tengo aperta le porta».

SAMPDORIA DI OGGI – «Non riesco a seguirla tantissimo. All’inizio della stagione ha trovato difficoltà, ora invece ha ritrovato equilibrio con Ranieri. Spero possa finire il campionato e salvarsi».

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