2013

La domenica con Lei – Samp ultima, senza se e senza ma

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In questo momento arido e rabbioso, sportivamente parlando ovviamente, la sconfitta di San Siro contro i resti di un Milan decimato dalle assenze quasi risulta indolore, scontata e prevedibile come quella di tre anni fa in cui il Doria venne sconfitto per 3-0 senza porre alcuna resistenza. Devo dire che dopo il gol di Birsa (si proprio lui), che già basterebbe per agitare anche il più calmo dei tifosi blucerchiati, la squadra ha reagito. Senza creare pericoli ma ha reagito. Ho anche provato un debole moto d’orgoglio (e di tenerezza) nel vedere la nostra armata Brancaleone gettarsi disperatamente alla ricerca del pareggio contro una squadra, il milionario Milan, che ha dimostrato di essere veramente poca cosa allo stato attuale. E’ bastato un gol di Birsa, etichettato superficialmente dal sito della Samp semi-carneade (proprio noi parliamo di giocatori semi sconosciuti?), a determinare una partita  da zero a zero, specchio di due squadre che, nonostante obiettivi completamente diversi, spiccano per il loro esagerato piattume.

Rossi si è presentato a San Siro con il 4-4-2 tanto, forse troppo, apprezzato contro la Roma di Garcia. Al centro della difesa l’inedita coppia Mustafi-Regini e a centrocampo il ritorno di capitan Palombo, schierato al posto dell’ombroso Krsticic. Sulle fasce le conferme di Gavazzi e Wszolek, in attacco quelle di Sansone e Gabbiadini. Proprio Gavazzi, ancora positivo, è il calciatore specchio di questa squadra: grande corridore, generoso come pochi, ma in quanto a qualità un po’ grezzo, diciamo così. Anzi mi correggo: magari avessero tutti la sua voglia di emergere, di imporsi nell’occasione più importante della sua carriera. Il primo tempo della Samp è stato, colpo di testa di Costa a parte, piatto e inconcludente. Non ci sono analisi che tengano: la squadra ha atteso il Milan e, visto che non è andata sotto, non ha mai fatto nulla di più. Punto. Nel secondo tempo, dopo il gol lampo di Birsa, il Doria ha lottato, spostando il baricentro in avanti, con coraggio e applicazione ma senza qualità. La qualità è il più grande problema di questa Samp. Sono entrati Soriano, Petagna e Krsticic senza incidere in alcun modo. 

Analizzare questa gara è fin troppo facile e si può riassumere così:

Prima del gol: attesa, mantenimento posizioni, una azione pericolosa (colpo di testa di Costa)

Dopo il gol: baricentro più alto, più energia, zero tiri in porta 

La Samp è piatta, non da oggi, ed è riuscita a perdere (tirando al massimo due volte in porta) con Genoa e Milan che non sono certo due squadre in salute e dalla difesa impenetrabile. Manca qualità e non è un problema di moduli o dell’allenatore. Sono d’accordo con Rossi quando dice che serviranno dieci partite per dare una prima valutazione su questa squadra ma sono altrettanto convinto che non ci sia un interruttore da poter premere in modo da “accendere” la qualità ne tantomeno la quadratura generale. La Sampdoria è ultima ed è giusto che sia così. Non ci sono alibi ne sofismi da “intellettuali del calcio” da sfoderare. La squadra non ha quel fuoco che serve per salvarsi, almeno non in questo momento. Ora si parla della partita col Torino come di uno spartiacque della stagione blucerchiata e, forse, del futuro di mister Rossi. Una cosa è certa: la strada imboccata porta dritti dritti in serie B. Se la parola provoca angoscia a qualcuno o suona esagerata, bè allora forse quel qualcuno non capisce che per salvarsi, per vincere le proprie paure, bisogna diventare paura. Il recente passato insegna, o almeno dovrebbe.

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