Obiang: «Mihajlovic è una brava persona. L'esordio con la Samp...» - Samp News 24
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2015

Obiang: «Mihajlovic è una brava persona. L’esordio con la Samp…»

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Ospite della trasmissione “Anni 90” di Sportitalia, Pedro Obiang ha colto l’occasione per parlare a tutto campo della Samp, del suo passato e dei suoi obiettivi futuri. Lo spagnolo confessa anzitutto come ha iniziato a giocare a calcio: «Non ho grandi ricordi di quando ho cominciato a tirare i primi calci, ma credo di aver cominciato a circa 7 anni con gli amici della scuola. All’inizio non ero un granchè, ho cominciato intorno ai 12 anni, un pò tardi, perché i miei genitori erano un po’ rigidi e preferivano che io continuassi a studiare». E sul ruolo: «Ho fatto tanti ruoli. Ho fatto il portiere per un paio di settimane, poi ci sono stati allenatori che mi dicevano che mi preferivano a centrocampo perché lì davo sicurezza, e così alla fine sono rimasto lì».

ATLETICO E MAROTTA – Gli inizi sono stati nell’Atlético di Madrid: «Sono stato un ragazzo fortunato, perché a volte ti passano delle occasioni che se non cogli poi non ripassano. Io da piccolo spesso ho rifiutato di andare in grandi squadre perché per me il calcio era semplicemente un divertimento e non lo vedevo ancora come lavoro, poi invece è arrivata la richiesta dell’Atletico ed è cambiato tutto. Mio papà ha accettato anche perché non mi voleva mandare al Real Madrid, dove io invece volevo andare perché lì giocavano i miei grandi idoli di quando ero piccolo, come Zidane». Poi è arrivata l’offerta della Samp nel 2008: «Marotta e Paratici mi avevano visto giocare: mi dicevano di venire perché avevano un bel progetto per me e che sarei diventato un calciatore importante. Nella scelta mi ha dato una grossa mano mia madre, che mi ha dato una grande spinta ad accettare, facendomi capire che dovevo cogliere questa opportunità».

L’ARRIVO A GENOVA – Lo spagnolo, appena arrivato sotto la Lanterna, ha bruciato le tappe con la maglia blucerchiata: «All’inizio è stato un po’ altalenante perché quando sono arrivato non ero abituato ai ritmi di allenamento, alla palestra, al mangiare presto e sempre le stesse cose, ai doppi allenamenti. Tutte cose che in Spagna non esistevano. Ho iniziato con gli Allevi, poi ho fatto un amichevole con la Primavera e il mister Pea mi ha notato, quindi ho fatto metà stagione con la Primavera ma poi sono tornato agli allievi. Nel frattempo spesso venivo ad allenarmi con la prima squadra con il mister Mazzarri, che ogni tanto chiamava qualche ragazzo per seguirlo pià da vicino».

L’ESEMPIO – Obiang, pur essendo giovane, aveva già un modello: «Sicuramente Zinadine Zidane, per la sua armonia e il suo modo di giocare. Non è nato con tutte le doti ma si è creato piano piano fino a diventare il campione che è stato, ha dimostrato che per diventare calciatore a grandi livelli non c’è un età, perché lui è diventato un campione dopo i 26 anni. Poi ce ne sono stati sicuramente altri come Xavi Alonso, Guti, Henry, Gerrard, però Zidane era il numero uno. L’ho incontrato una volta quando ero piccolo e ho giocato contro il Real. Ricordo che abbiamo perso 7 gol a 1 ma non eravamo per niente tristi come dovevamo per la sconfitta, perché a bordo campo c’erano dei giocatori del Real che ci guardavano, e noi invece di interrogarci sulla partita ci siamo messi a urlare e a correre verso i nostri idoli».

MIHAJLOVIC – Il rapporto con Sinisa Mihajlovic è buono. Il serbo è un lavoratore e capisce chi non dà il massimo: «Sicuramente se ne accorge perché ci sono le telecamere e ci fanno portare un rilevatore delle distanze che percorriamo, infatti lui a inizio stagione ci diceva «Tanto vi teniamo sotto controllo e chi fa meno km il giorno dopo fa gli straordinari», quindi anche quando ci sono le giornate non ti conviene correre lo stesso». Sul suo carattere: «Il mister dipende come lo prendi, ci sono stati dei periodi più seri, altri più aperti, anche in certe chiacchierate, spesso è molto aperto, come quando ci insegna a tirare le punizioni, anche se non ho imparato molto perché calciare come lui non è facile. È una brava persona». E sulle sfide su calcio piazzato: «Ci siamo fermati una volta ma dopo che ha fatto 3 sono andato via (ride, ndr)».

MIHAJLOVIC/2 – Un pregio e un difetto del tecnico della Samp: «Un difetto forse è che si prende le cose troppo a cuore, ma quello ci sta perché è un passionale, molto spesso sembra che vada lui direttamente in campo. Questa passione probabilmente gli deriva dal fatto di essere stato calciatore, per questo è da intendere anche come un pregio, perché ci lascia spesso momenti di serenità, come adesso che non andiamo in ritiro, e da quando sono qua difficilmente un allenatore ti dava la possibilità di non andare in ritiro.Questa stagione poteva sembrare che dovevamo solo salvarci o stare a metà classifica, eravamo migliorati tantissimo nel ritiro, si vedeva che giocavamo meglio. Con lui abbiamo ottenuto questa consapevolezza, ma allo stesso tempo sappiamo che non si tratta di ringraziare lui per quello che stiamo facendo, ma che dobbiamo dimostrare a noi stessi di essere in all’altezza».

PRIMA VOLTA – Obiang non ha dimenticato l’esordio con la Samp: «Era l’inizio della stagione 2010/2011. Io ero già da qualche mese in prima squadra, avevo fatto il ritiro. Non ero ancora il giocatore che sono oggi, magari sbagliavo qualche passaggio in più, ma trovavo conforto nell’affetto della tifoseria. Non credevo di esordire presto quell’anno, perché in rosa c’erano tanti giocatori che avevano fatto grandi cose l’anno precedente e avevano portato la squadra ai preliminari di Champions League, quindi pensavo di fare fatica a farmi notare. Invece, nel corso di una partita contro la Juve all’Olimpico, il mister mi ha mandato a scaldare. A me tremavano un po’ le gambe ma pensavo che mi avrebbe fatto scaldare molto ma che poi alla fine non sarei entrato, invece dopo pochi minuti il mister mi ha detto di accelerare e subito dopo mi sono ritrovato a prepararmi per entrare in campo. In quell’attimo ero talmente agitato che  non riuscivo a mettere i parastinchi da quanto mi tremavano le mani. Appena sono entrato mi sono reso conto di cosa significasse giocare in serie A: vedevo tutto in un altro modo, i tempi, il respiro».

ALTI E BASSI – In questi anni Obiang ha avuto momenti di esaltazione e altri più difficili: «In questi anni ho avuto momenti belli e meno belli, sono maturato e ho imparato tanto, sono cresciuto. Ho capito cosa vuol dire essere un calciatore, prima pensavo che i miei eroi, come Zidane, dovessero sempre essere al massimo e che non potessero sbagliare mai, ora capisco che non è tutto così semplice, perché ci possono essere problemi in famiglia, squadra, infortuni, problemi, che devi imparare a gestire da solo. Certe cose le capisce solo quando diventi veramente un calciatore». C’è stata una svolta nella sua carriera: «La svolta a livello di carriera è stata sicuramente l’esordio, appena entrato in campo ho capito che era possibile diventare calciatore. Poi la stagione in B in cui mi è stata data la possibilità di diventare protagonista mi ha dato ulteriore consapevolezza».

OBIETTIVI E FERRERO – Ci si chiede quale sia a questo punto l’obiettivo stagionale della Samp: «Al momento non ci pensiamo. All’inizio era rimanere nella zona sinistra della classifica e siamo qua. Ora domenica dopo domenica cercheremo di rimanerci e a fine stagione vedremo dove saremo arrivati». Sulle offerte estere: «Non leggo i giornali sportivi quindi non conosco queste notizie, ma sicuramente fa piacere perché vuol dire che sia io che la squadra stiamo facendo grandi cose». E su Ferrero: «Mi ha chiamato solo una volta, infatti non capivo se mi volesse sentire veramente o se si fosse sbagliato. I ragazzi una volta mi hanno fatto uno scherzo, gli ho chiesto il numero di un ristorante e mi hanno dato quello del presidente (ride, ndr). Ogni tanto mi manda qualche messaggio».

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