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2014

Roberto, stasera abbiamo vinto con te

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Roberto,
è passato un anno esatto dall’ultima volta che un blucerchiato è sceso in campo con la maglia azzurra: era Lorenzo De Silvestri, tuo attuale compagno di squadra, che ti ha raggiunto al Melià in serata per tornare insieme a Genova martedì sera, nell’amichevole contro l’Albania. Un anno dopo quell’11 ottobre 2013, contro la Danimarca, è toccato a te riportare il blucerchiato in vetta, nella top11 dei giocatori italiani. Ti è bastato attendere 30 minuti in panchina, quella panchina che hai toccato per la prima volta in azzurro, poi è arrivato il tuo momento.

Il tuo esordio, la tua partecipazione da blucerchiato in nazionale, però, vale doppio. Forse triplo. Vale doppio perché sei un prodotto del vivaio blucerchiato, sei figlio di questi colori, sei cresciuto con questa maglia, che hai indossato da sempre – potremmo dire – salvo la parentesi all’Empoli, per un anno di gestazione insieme con Alfredo Aglietti. Poi per te c’è stata solo la Sampdoria, perché il Bayern Monaco, diciamolo, ti ha solo svezzato, portato su un palcoscenico – la Youth Cup in Malesia – che ti ha permesso di essere notato da Luca Gotti, che ti ha portato in Under 17, da Beppe Marotta e Fabio Paratici, che ti hanno portato a Genova. Sei andato in Nazionale da sampdoriano.

Vale triplo perché tra tutti sei sicuramente il giocatore che più è stato bistrattato dalla tifoseria doriana. In te ci credevano in pochi, pochissimi: su di te hanno puntato quelli che contavano però, i direttori sportivi – Sensibile e Osti – e gli allenatori, da Ferrara a Delio Rossi, da Beppe Iachini a Sinisa Mihajlovic. In Soriano ha creduto chi doveva crederci. Perché, ammettetelo, lavorate di memoria, le offese rivolte a Soriano sono storia recente: non correva, non si sacrificava, per qualcuno era un giocatore indegno di questa maglia. Roberto, avevi solo bisogno di chi ti spronasse, di chi – perché te l’han detto tutti nella tua carriera – ti convincesse che dovevi dare di più, per avere quello che meritavi di avere da questo sport. Adesso non ti sei vendicato, hai semplicemente rivendicato te stesso. 

Ti sei messo lì, in mezzo al campo, dove Conte t’ha detto di stare: non hai subìto la personalità dell’ex Juventus, perché lui di carattere si accosta facilmente a Mihajlovic, per quanto l’indole motivazionale sia leggermente differente. Hai fatto il gregario, hai fatto la mezz’ala, hai provato l’inserimento raramente, con qualche cross, ma niente di più: non hai Okaka a farti la sponda, magari ce l’avrai martedì sera, sicuramente ce l’avrai domenica a Cesena. Ma in Nazionale funziona così, non puoi giocare a memoria come nel tuo club. Però ti è andata bene, da grande campione, perché hai fatto il tuo dovere, hai spinto all’ammonizione Kovacic, che a San Siro marcia a occhi chiusi da un biennio, così come tutti si aspettano che marci sul red carpet dei campioni. 

Ne è passato di tempo, sembra, da quando a Bardonecchia ti chiedevano se fossi stato in procinto di lasciare la Sampdoria: qualcuno sorrideva sotto i baffi pensando “dove potrebbe mai andare?”. Agli occhi di tutti, agli occhi dell’Italia, stasera ti sei mostrato per quello che sei: un giocatore che ora, finalmente, è tra i migliori in Italia. Perché a centrocampo, nel tuo ruolo, nella nazionale azzurra, stasera c’eri tu. Nessun altro. E stasera noi sampdoriani abbiamo vinto insieme con te, al di là del risultato, al di là dei fumogeni, al di là di tutto. 

Ben arrivato, Roberto. Ora non fermarti. Perché senza di te non mi diverto.

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