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Sampdoria, Katanec: «A Genova i miei anni migliori. Stojanovic…»

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Sampdoria, l’ex blucerchiato Srecko Katanec ricorda il suo trascorso in blucerchiato e parla del connazionale Stojanovic

Nel corso di una lunga intervista concessa a La Repubblica Srecko Katanec, ex centrocampista della Sampdoria, ha parlato del suo passato in blucerchiato, parlando anche del connazionale Stojanovic, attualmente agli ordini di Andrea Pirlo. Queste le sue dichiarazioni:

STOJANOVIC – «Capisco bene Pirlo, anche io lo schieravo esterno destro nella linea a quattro. Giocava bene, poi faceva uno sbaglio e rovinava tutto. Non è un difensore, e si vede. Con la Slovenia viene usato più avanti e si sente libero, riuscendo a giocare senza pressioni: per questo ha fatto bene. Tecnicamente è bravo, sa cosa deve fare, ma in marcatura non rende, può essere usato solo nel modulo a tre dietro.»

STAGIONE – «Sono partiti male, vero, e poi è difficile rimontare. Però possono arrivare ai play-off e da lì comincia un altro campionato. La Serie B rimane un campionato difficile, se devi puntare alla promozione servono giocatori di personalità.»

RICORDI – «Ho bei ricordi di Genova, ho trovato un gruppo eccezionale e pieno di giocatori fenomenali. Conoscevo bene il mio ruolo, non pretendevo di essere più forte di Toninho, Vialli o Mancini. In campo però davo sempre il 120%.»

GENOVA – «Per me e la mia famiglia sono stati gli anni migliori. Sarebbe stato tutto ancora più bello se non avessi avuto tutta quella sfortuna con il ginocchio. Mi piace lo stile di vita italiano, e piace anche a mia moglie Romana. Appena arrivo a Trieste respiro un’aria diversa, mi sento come a casa. Poi a Genova è nato il mio figlio maggiore.»

TIFOSI – «Tutti i sampdoriani trasmettevano una grande energia, si percepiva una generale simpatia nei nostri confronti e questo ci dava uno stimolo in più. Ho vissuto un’atmosfera quasi magica, che dopo ho provato solo come allenatore della Slovenia.»

BOSKOV – «Era un maestro di vita. Guardava un ragazzo e capiva tutto, sapeva di calcio e conosceva la mentalità dei giocatori, soprattutto di quelli giovani. Io vivevo nella sua stessa villa, parcheggiavo sotto la sua finestra e non gli sfuggiva nulla. Era severo, ma quando capiva che avevi qualche problema ti invita a casa e sapeva sempre risolvere tutto. Un uomo fantastico.»

RITORNO AL GOL – «Una gioia immensa. Sfruttai il cross di Gullit, ricordo, fu la mia prima partita dopo otto mesi in pratica. Avevo dedicato la vittoria a Mantovani che era appena scomparso. Un vero signore. Avevo subito cinque operazioni in otto mesi, avevo il muscolo della gamba come quello del braccio, ma lui mi ha chiamato e mi ha detto che mi avrebbero confermato. Non so quanti l’avrebbero fatto, un gesto indimenticabile che non so quanti avrebbero fatto.»

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