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Schick: «Samp una mia scelta: qui mi trovo benissimo»

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Patrik Schick, la Samp e il futuro: «Questo gruppo è fantastico, sono contento di esser qui»

Patrik Schick è un talento in via di consacrazione. Arrivato alla Samp in estate, grazie ai buoni uffici del tandem formato Carlo Osti e Riccardo Pecini, dopo alcuni mesi di apprendistato alla corte di Marco Giampaolo, sta lievitando settimana dopo settimana, attirando su di sé l’interesse delle big. Ma com’è, davvero, questo Schick? Il giocatore si racconta in un’intervista a “Tuttosport”: «Un ragazzo normale a cui piace tanto il calcio. Ho iniziato a cinque anni nella squadra di un paesino vicino a Praga. Ero partito come centrocampista centrale, ma non ero granché in quel ruolo soprattutto nel difendere. Per mia fortuna però ho cominciato a segnare tanto e allora, quando avevo 8-9 anni, mi hanno spostato davanti».

UN LUNGO VIAGGIO – E poi? «Ci sono due persone a cui devo molto e che trattano i miei interessi. Si tratta di Ivo Taborski e Pavel Paska che mi seguono da quando avevo 12 anni. Credo enormemente in queste due uomini e seguo i loro consigli. Poi sono sempre stato aiutato dalla mia famiglia che mi ha sostenuto in tutto. Mia mamma, Ivetta, non credeva che potessi diventare un calciatore professionista mentre mia sorella Cristina, che fa la modella ed è più famosa di me, mi segue costantemente». Al calcio ha unito pure la scuola… «Ovvio. Ho frequentato il liceo, mia mamma voleva che concludessi questo ciclo di studi. Ora conosco bene l’inglese e il tedesco. Spero di impadronirmi presto anche dell’italiano, lingua non facile. Continuare? No, questo sport è troppo coinvolgente. D’altronde io ho capito a 9-10 anni che il calcio sarebbe diventato il mio mondo, cioè il posto dove volevo stare. Ma è difficile imporsi. Lo scatto c’è stato quando ho compreso che il calcio non era più solo un divertimento ma che poteva diventare un lavoro. E questo bisogna capirlo in fretta…».

LA CRESCITA – Il calcio come lavoro, mica facile per un primo adolescente, seppur bravo. «Aumentano gli allenamenti, i carichi di lavoro, le responsabilità. Io con i miei compagni di allora, allo Spartak, parlavo poco. Sono un ’96 e in quel gruppo il più giovane, dopo di me, era un 92′. Insomma, esistevano almeno 4 anni di differenza… Ma ho imparato tanto». Giovanili allo Sparta Praga, un anno in prima squadra, dal 2011 nelle Under Nazionali, poi il prestito al Bohemians. L’estate scorsa, infine, il salto alla Samp. «Ho scelto io la Samp e quindi di venire in Italia. Potevo restare allo Sparta o accettare altre offerte dall’estero. Mi ha convinto il progetto che si intende portare avanti qui. E’ stata una scelta difficile e travagliata. Poteva andare bene o male, c’era un 50% di rischio. E’ stata una scommessa con me stesso». Che il ragazzone pare aver già vinto. Ma quando disse in famiglia che sarebbe espatriato così giovane, cos’è successo? «Di tutto. Mia mamma si è messa a piangere, non voleva che lasciassi Praga. Poi, piano, piano, tutto s’è acchetato e io ho firmato per la Samp. Ma sono sempre in contatto con i miei parenti, soprattutto con mia mamma».

OSTACOLI E LIDERISMO – E il tuo impatto con l’Italia? «A parte i soliti problemi che uno straniero incontra quando espatria, tipo aprire un conto concorrente, cercare un casa… non ho incontrato particolari difficoltà di ambientamento. Beh, la lingua è un serio ostacolo, il calcio sarebbe diventato il mio mondo, cioè il posto dove volevo stare. Ma è difficile imporsi». Che quota di gol si è prefisso quest’anno? «Non amo questi pensieri perché mi è già capitato, in passato, di fare pronostici sulla mia profilicità e poi di essere smentito dalla realtà. Quando li feci, infatti, poi non segnai più per lungo tempo. E poi a me interessa di più che vinca la squadra non le affermazioni di un singolo». Ma Schick si sente già un leader? «Oggi no, ancora no. Sono troppo giovane e alla Samp ci sono elementi più esperti con un’importante carriera alle spalle che trascinano i più giovani e che nei momenti di difficoltà intervengono con la loro personalità a incoraggiare il gruppo. Un gruppo, peraltro, splendido. Semmai io voglio essere un giocatore importante per la squadra. Ecco, questo sì».

FUTURO BLUCERCHIATO – Nelle ultime settimane è spuntato l’interesse per Schick di diverse grandi squadre, straniere e italiane. In primis la Juve e soprattutto l’Inter. L’investimento operato in estate dal presidente Ferrero, di circa 4 milioni per il suo cartellino, potrebbe risultare più che remunerativo tra pochi mesi. «Naturalmente fa piacere essere apprezzati anche al di fuori della propria squadra. Sono lusingato, ci mancherebbe, come tutti gli altri giocatori nelle mie condizioni. Ma questo non è il mio lavoro, se ne occupano i miei agenti. Io penso solo alla Samp. D’altronde qui mi trovo benissimo. Il fatto poi che tanti ragazzi di altri Paesi si siano ritrovati nello stesso gruppo ha favorito l’integrazione dato che la partenza è stata comune. Basta vedere come in partita ci aiutiamo l’uno con l’altro: questa comunione d’intenti è sintomo della grande intesa che c’è nello spogliatoio. Il prossimo anno, con alle spalle l’esperienza di un campionato, sono sicuro che faremo ancora meglio e che otterremo importanti risultati».

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