Scudetto Sampdoria, Bonetti: «Non avevamo paura di nessuno»
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Scudetto Sampdoria, Bonetti: «Non avevamo paura. Queste le tappe del successo»

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Ivano Bonetti, ex calciatore della Sampdoria, ha celebrato i trent’anni dello Scudetto blucerchiato: le sue parole

Ivano Bonetti, ex calciatore della Sampdoria, ha celebrato i trent’anni dello Scudetto blucerchiato. Le sue parole ai microfoni di tuttomercatoweb.com.

SCUDETTO «E’ stata un’annata perfetta e rappresentava la consacrazione delle vittorie precedenti. La Sampdoria era abituata a stare a certi livelli. Poi in quegli anni il gruppo aveva l’età giusta. La media era circa 25 anni, ovvero nel pieno delle nostre capacità, e si è creato quell’entusiasmo necessario per compiere l’impresa perché vincere il campionato in Italia o sei una grande squadra o non lo vinci. C’erano tutti gli ingredienti giusti per raggiungere l’obiettivo».

GRUPPO – «Era arrivato al punto giusto considerando che avevamo una giovane età. Abbiamo aggiunto a quel carattere che già avevamo quella spregiudicatezza che può avere solo la gioventù. Quell’incoscienza abbinata alla consapevolezza nei nostri mezzi. Ci sentivamo forti senza avere paura di nessuno. Era un traguardo che avevamo in testa ed eravamo certi di potercela giocare fino in fondo, infatti eravamo una squadra caparbia, avevamo molto rispetto di noi stessi e sicurezza».

MANTOVANI E BOSKOV – «Intanto bisogna dire una cosa molto chiara ma risaputa: alla Samp solo un presidente come Paolo Mantovani avrebbe potuto portare il successo che ha raccolto. Ricorda un po’ la figura di Gianni Agnelli che ho avuto alla Juventus. Un signore di questo spessore. Di una classe e un rispetto infiniti per quello che facevano e che trasmettevano. Era più padri che padroni e tutto quello che ottenevano da noi non poteva che essere il rispetto. Per cui uno non poteva non dare il massimo e sentirsi tutelato e non nutrire affetto su chi ti gestiva. Era un insieme di situazioni che solo è riuscito a creare scegliendo un ds come Borea, figura che gli assomigliava, e allenatori che sapessero sdrammatizzare al punto gusto anche se poi a Boskov non sfuggiva niente. E’ una società vincente che ha creato una squadra vincente».

SVOLTA – «Diciamo il calendario. Più andavi avanti e più diventavi consapevole della vittoria. Vivevamo con la consapevolezza giusta e nn sentivamo l’importanza della partita prima. Dovevamo vincere e guardavamo alla partita che giocavamo. La nostra forza è stata quella: guardare alla partita successiva con quel pizzico si incoscienza che ti dà la gioventù. Non facevamo calcoli ma vincevamo la sfida. Avevamo quell’incoscienza di non fare calcoli senza ansie. Sono state tante le partite della svolta ma lo dicevamo dopo averle giocate. Come a Roma che abbiamo vinto 1-0 è stata fondamentale, poi alla quartultima contro l’Inter. Sono state tutte partite fondamentali».

19 MAGGIO 1991 – «Quel pomeriggio ho in mente solo il gruppo perchè quella in squadra abbiamo giocato in tanti. Secondo me è stata la vittoria del gruppo nella sua interezza dove tutti hanno dato quel contributo ed esaltato quei due fenomeni che avevamo là davanti, perchè con due attaccanti così come Vialli e Mancini metti la ciliegina. Però è il gruppo fatto l’impresa e io ho quell’immagine di una squadra che, ancora oggi dopo tanto tempo, è rimasta ancora legata perchè è nato qualcosa che ha fatto fare tutto quello che è successo. Non c’erano disturbatori all’interno o chi poteva magari essere infelice perchè magari non si sentiva integrato. E’ stato un gruppo vincente perchè eravamo tutti integrati al 100%».

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