Di Leo e Sakic, i "viceré" della Samp targata Mihajlovic - Samp News 24
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2013

Di Leo e Sakic, i “viceré” della Samp targata Mihajlovic

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Si dice spesso che due teste siano meglio di una. Figuriamoci se parliamo di tre: a Bogliasco, del resto, funziona così. Sinisa Mihajlovic non è solo nella gestione della Samp, perché accanto a lui ci sono due personalità fondamentali per il successo attuale del tecnico serbo. La prima è quella di Nenad Sakic, vice di Sinisa e anche lui ex giocatore blucerchiato. Tuttavia, in qualche occasione, viene ancora utilizzato nelle partitelle e si prende anche le reprimende del primo allenatore per i cross sbagliati: «Se c’è bisogno, mi metto anche a giocare, per carità. Lui voleva che stoppassi e crossassi, solo che ho provato di prima perché ho visto la linea difensiva in ritardo e le avrei creato maggiori problemi. Solo che non mi è riuscito proprio bene…». Sakic, per altro, viene spesso chiamato “Sakara: «E’ il mio soprannome. Ce l’ho da tanti anni. Me l’aveva dato un allenatore, Vladimir Petkovic, quando eravamo andati a giocare una volta in Giappone – afferma Sakic, 42 anni – “Sakara” sapeva di giapponese… e chi sa la storiella, continua a chiamarmi così».

Sakic non è solo un vice di Mihajlovic, ma forse qualcosa di più: «Sinceramente penso che a Sinisa bastino i suoi di occhi. E’ talmente concentrato ed attento a tutti i dettagli che non gli scappa nulla – racconta l’ex giocatore blucerchiato – Chiaramente siamo tutti qui per dargli una mano, se e per quanto possiamo. E poi tra di noi ci conosciamo benissimo, sappiamo quasi di “default” cosa vuole da noi, quali sono le sue esigenze». Sakic, durante le gare, si ritrova alla destra di Mihajlovic: «Al fischio d’inizio. Poi lui inizia ad alzarsi e a muoversi. Per adesso non ho consegne particolari, poi magari ci saranno delle gare in cui dovrò stare maggiormente attento ad un reparto, ma per ora non è successo – confessa il serbo, a Genova dal 1998 al 2005 – Durante i 90′, poi, ci sono tantissime cose da vedere. Sinisa parla tantissimo, ma è bravo a rimanere freddo al tempo stesso».

Un altro uomo di ghiaccio della panchina blucerchiata è certamente Emilio Di Leo: «Il mio compito durante la gara è di mantenere una certa lucidità, anche di fronte a quanto succede in campo – racconta il tattico a “Il Secolo XIX” – Mantenere un atteggiamente lucido e sereno di fronte ad elementi stressanti o di cambiamento a causa di situazioni tattiche, dovute magari ad un’espulsione». Come successo contro la Lazio, quando Krsticic è stato espulso all’inizio della ripresa e Mihajlovic ha cercato proprio De Leo. Quest’ultimo ha una storia particolare: quasi laureato in giurisprudenza all’Università di Salerno, con «cinque esami che prima o poi dovrò dare. La mia è una famiglia di laureati in legge e non posso dargli un dispiacere». Condivise un premio con Stramaccioni e vinse anche uno scudetto con la Beretti della Cavese, nel campionato di Serie C del 2007. De Leo rappresenta una figura fondamentale per Mihajlovic: «Mi ha portato lui in Serbia: non sono più tornato a casa per un mese e mezzo, ci sono riuscito solo lo scorso fine settimana. L’allenatore nutre molta stima nei miei confronti e tende a delegare a me un po’ tutta l’organizzazione tecnico-tattica e anche l’aspetto più strategico, ovviamente sempre sulla base delle sue direttive».

De Leo si è specializzato nel 4-2-3-1, un integralista del modulo: «Era il modulo adattato da Mario Somma, allenatore della Cavese quando ho iniziato a seguire i ragazzi – racconta De Leo, anche nella Serbia con Mihajlovic – Poi diciamo che l’ho approfondito, studiando ad esempio quello di Luciano Spalletti. In realtà, questo modulo, detto “alla francese”, veniva utilizzato già settant’anni fa, anche se a quei tempi c’era una spaccatura più netta tra i 4+2 dietro ed i 3+1 davanti». Questo, inoltre, è il modulo scelto anche per questa Samp targata Mihajlovic: «Perché con i 4+2 dietro riusciamo in primo luogo ad avere buon equilibrio e poi a creare una certa densità che ci fa bene. E poi è abbastanza elastico: in fase di non possesso, diventa un 4-4-1-1, le due linee danno equilibrio – chiude De Leo, il tattico blucerchiato – Nello stesso tempo, davanti hai sempre tre mezzepunte che s’infilano fra le linee e ti danno imprevedibilità».

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