Editoriale

Giampaolo, nostra culpa

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Giampaolo rinnova con la Sampdoria ed è giunto il momento di ammettere ogni colpa: non è mai troppo tardi per cambiare opinione

È arrivato finalmente quel momento: il momento non tanto del rinnovo del contratto di Giampaolo, ma il momento di un’ammissione di colpa. La palinodia, d’altronde, è la mia forma retorica preferita: consiste nel ritrattare un’opinione precedentemente espressa, solitamente utilizzato in un componimento poetico con il secondo verso che ritratta il primo. Stavolta tocca semplicemente a un’opinione cambiare, ed è successo già da qualche mese, in realtà. Questo perché nel corso dei primi caldi estivi, quando la Sampdoria ancora cercava un allenatore per la nuova stagione, osai schierarmi a favore di Pioli: d’altronde inizialmente Ferrero era indeciso tra l’ex tecnico della Lazio e l’ex tecnico dell’Empoli, poco dopo che Montella avesse deciso di tradire le sue promesse e accasarsi al Milan, come da copione. Io ero per l’allenatore che aveva mosso i suoi primi passi da allenatore a Salerno, la mia città natale, nonostante Giampaolo venisse da un’annata con l’Empoli che, dopo tanto peregrinare, sembrava l’avesse finalmente consacrato a quella che è stata la sua “normalizzazione”, l’adattamento a un calcio utile e concreto. Io volevo Pioli e avrei scelto lui, se fossi stato al posto di Ferrero, ma – per fortuna, col senno di poi – io faccio il giornalista e lui prende le decisioni, da presidente. Volevo Pioli e chiaramente chi mi ascoltò lo sapeva, tant’è che a Rovereto, dopo l’amichevole con il Chievo vinta per 2-0, con quelli che furono gli ultimi minuti di Antonio Cassano in campo, qualche tifoso mi fermò: «Forse Giampaolo è meglio di Pioli, non credi?» mi domandarono con un po’ di saccenza, che d’altronde è tipica di chi si siede dalla parte dei vincitori.

Il secondo capitolo di questa storia impatta contro il mese di settembre: dopo le vittorie con Empoli e Atalanta, la Sampdoria perde quattro partite di fila (Roma, Milan, Bologna e Cagliari) e arriva alla sfida col Palermo con un crocevia importantissimo. In quei giorni, ricordo, Giampaolo venne dato per spacciato: si stava già ragionando su quello che sarebbe stato il suo successore (Colantuono o Pioli, di nuovo) e qualcuno, in tribuna stampa, temeva giustamente per il derby, che sarebbe arrivato due settimane dopo. Temeva di poter vedere ancora lo stesso tecnico sulla panchina del Doria a giocarsi la stracittadina, la partita più importante dell’anno, con quel disastro tecnico-tattico. Eppure col Palermo il tecnico di Bellinzona riuscì a pareggiare, interrompendo quella striscia di quattro sconfitte consecutive e recuperando punti agli occhi di Ferrero: arrivarono 13 giorni di riposo e poi ci fu il Pescara, già praticamente condannato a pochi mesi dall’avvio, col quale però la Sampdoria pareggiò. Le carte erano tutte a favore dei detrattori, perché cambiare allenatore durante la sosta per le nazionali è solitamente la mossa più semplice per un presidente: era successo già con Mihajlovic, poteva accadere nuovamente. Potete ben immaginare, insomma, se non avete la memoria corta, quale fosse l’ambiente che circondava Giampaolo all’epoca: un allenatore che si ritrovava, dopo un discreto pre-campionato, a gestire l’assalto di chi lo criticava e non lo voleva più a schierare in campo Ricky Alvarez e altri giovani che oggi ci risultano, invece, insostituibili (Skriniar su tutti). Poi le carte in tavola le ha cambiate il Derby, vinto 2-1, poi il resto della stagione. L’unica macchia resta la Coppa Italia, che il nostro tecnico ha voluto completamente evitare di giocare, subendo 4 reti da una squadra che poche settimane dopo è stata battuta al Ferraris, la Roma. Tolta quella, il vestito resta intonso, anzi pieno di orpelli e abbellimenti che ci hanno reso solo che felici.

Per questo, adesso che il rinnovo contrattuale è dietro l’angolo, che ad attenderci è soltanto l’annuncio ufficiale di un accordo che legherebbe Giampaolo alla Sampdoria con tutti i crismi di un bel progetto di crescita e di miglioramento, è tempo di dire che è stata nostra culpa. Mia in primis, perché parlo per me in queste righe, ma anche di chi ha temuto che nel primo derby sarebbe potuto andare tutto in malora e che subito dopo il Palermo la nostra guida tecnica dovesse essere cambiata. Avevano quindi ragione quei tifosi che a Rovereto mi fermarono, col sorriso dei vincitori stampato in faccia, per dirmi che questa era la scelta giusta. D’altronde i veggenti non sono concessi al nostro mondo e io non mi identifico tra questi, ma c’è anche da dire che nel mentre Pioli ha risanato una squadra disastrata e in 17 partite ha trovato 12 vittorie: numeri che significano poco, vista la rosa a sua disposizione, ma forse in questa situazione Ferrero ha voluto vincere facile. L’uno o l’altro l’avrebbero fatto cadere in piedi: io, intanto, il mea culpa lo faccio e i talloni li pianto bene a terra, così come Giampaolo pare voglia fare al Ferraris. Per la felicità di chi si sta godendo questa seconda parte di stagione. Che incorniciamo e che ci auguriamo di poter migliorare nei prossimi anni, insieme a Marco Giampaolo.

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