Gravina: «Serie A a tre fasi. Sì Final Eight, ma prima gli stadi»
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Gravina: «Serie A a tre fasi. Sì Final Eight, ma prima gli stadi»

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Il presidente della FIGC Gabriele Gravina fa il punto sulla Nazionale, sugli stadi e, ripropone, il tema dei playoff per la Serie A

Il presidente della FIGC Gabriele Gravina, intervenuto ai taccuini de Il Corriere dello Sport, affronta il tema della riapertura degli stadi, dei playoff e fa il punto sullo stato del calcio italiano.

PROGRAMMA – «Riaprire gli spalti per salvare le finanze dei club, cambiare i campionati per fidelizzare i tifosi che fuggono da stadi e tivù, vincere gli Europei per restituire all’Italia una reputazione sportiva degna sono tre traguardi che il calcio italiano può centrare insieme, se dimostra lucidità e responsabilità».

ITALIA «Un trofeo negli Europei ci manca da troppi anni. Mancini ha costruito le premesse per giocarsela con le altre Nazionali big. Ma soprattutto ha acceso un entusiasmo inedito attorno agli azzurri. Per il coraggio delle sue scelte e per i risultati che lo hanno premiato. Questo entusiasmo ora va innaffiato. I nostri tifosi meritano di tornare negli stadi. Senza di loro il calcio è uno spettacolo monco».

NAZIONALE VS CLUB – «Prevale una concezione atavica che vede la Nazionale in competizione con le singole società. Eppure ciò che è accaduto in azzurro negli ultimi due anni è una rivoluzione copernicana, che ribalta vecchi schemi e impone di cambiare mentalità: Mancini ha dimostrato che, valorizzando i giovani e vincendo con loro, tutto il movimento sportivo ne trae un vantaggi».

MANCINI RINNOVA – «​Sottoscrivo. Il ciclo che ha aperto va ben oltre il limite contrattuale del dicembre 2022. Ci sono tutte le ragioni per condividere un progetto più lungo. Non è necessario aspettare gli Europei, ​Mancini ha già vinto. Con la piena condivisione sul progetto, bisogna stringere i tempi».

STADI – «​Voglio fare autocritica. Dobbiamo riconquistare un ruolo sociale. Far comprendere ciò che rappresentiamo, in senso economico, civile, valoriale. Finora a rappresentarci sono stati i nostri difetti e le nostre criticità. Il risultato ottenuto riaprendo il campionato a giugno, senza contraccolpi epidemiologici, è un grande punto a nostro vantaggio. ​Ho molta fiducia nel premier, che ho incontrato con grande piacere. E ho fiducia nei ministri della Salute e dello Sport. Ma la fiducia richiede risposte in tempi brevi. Perché c’è un protocollo di grande qualità, e ci sono tutte le condizioni per una riapertura parziale».

DANNO ECONOMICO – «I danni ci saranno. La Fifa parla di 14 miliardi di dollari, l’Italia fa parte del sistema. Le nostre stime sono pesanti. Il botteghino vale il 15 per cento ricavi, il suo taglio parziale farà più magre le casse. Gli sponsor sono crollati, perché viene meno il business dell’ospitalità negli stadi. Luglio, agosto e settembre sono andati in bianco. E il 30 incominciano le scadenze dei pagamenti. Dovrebbero salvarci i contratti con i broadcaster, ma un calcio senza pubblico si vende male. Ce la faremo anche stavolta, non chiediamo soldi, ma ci si aiuti almeno a fare impresa, velocizzando le procedure».

PLAYOFF – «Si teme che i playoff penalizzino le società che sono abituate a vincere e che investono di più», ma non è così, se se costruisci un campionato che affascina ogni giorno. Il nostro rischia di perdere pubblico, se in alcune fasi non è più decisivo per squadre che hanno già acquisito un risultato di retrocessione o di salvezza, o di piazzamento. E a quel punto non vale più chi vince o chi perde. ​Sto lavorando a un campionato diviso in tre fasi, con una final eight per assegnare il titolo».

VAR E CHALLENGE – «Sarebbe un contentino, ma le polemiche non cesserebbero. Meglio perfezionare la tecnologia e l’uso. Ci vogliono regole più omogenee a livello internazionale, più esattezza sull’applicazione. A Coverciano stiamo istituendo il controllo centralizzato e un’attività di formazione per arbitri e dirigenti. Non ha senso il Var a chiamata, quando tutte le immagini dubbie ricevono una verifica corretta e trasparente».

PROPRIETA’ STRANIERE E STADI – «I club sono società di capitale. In un’economia di mercato un valore aggiunto può arrivare dall’esterno. Ma è chiaro che abbiamo qualche problema a coinvolgere risorse interne. Nuovi impianti? ​È la questione da affrontare con tutte le energie possibili. Stadi e settori giovanili sono gli asset del rilancio, senza i quali siamo condannati al fallimento».

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