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Parla il prof Borino: «Così curo i giocatori della Samp»

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Parla Borino, preparatore atletico della Sampdoria: «Non credo nel lavoro a tavolino»

Gli infortunati, il recupero dei giocatori rientrati dopo un lungo stop, queste e molte altre mansioni fanno parte del lavoro del professor Umberto Borino. Il preparatore atletico, che collabora con la Sampdoria dal 2016 – sebbene la prima esperienza risalga al 2012 – racconta il suo percorso in blucerchiato a ossolanews.it: «Con Ciro Ferrara, a metà campionato, tutto lo staff venne sostituito come spesso succede nel calcio. Però avevano apprezzato il mio lavoro e nel 2016 mi chiesero di tornare. Ho potuto incrociare Marco Giampaolo, un allenatore con il quale avrei voluto lavorare da tempo perché mi affascinava molto il suo modo di intendere il calcio, per lo spessore con il quale rilasciava interviste e per come parlava di calcioTre anni con lui mi hanno arricchito molto sotto l’aspetto professionale. È uno che apprezza molto chi si assume le proprie responsabilità, chi ha il coraggio di percorrere strade alternative, perché lui è un alternativo tatticamente. Ha avuto il coraggio di mettersi in discussione dopo che era praticamente già l’allenatore della Juventus e l’accordo saltò in una notte. Ebbene, lui ebbe il coraggio di ripartire dalla Serie C. Per me è un poeta del calcio, perché ama la bellezza di questo gioco ed è un educatore che riesce ad esprimere se stesso sia con i giovani che con gli atleti evoluti, indipendentemente dal livello del campionato in cui lavora».

«Alla Sampdoria mi occupo degli infortunati, di recuperare i giocatori che hanno perso qualche allenamento con la prima squadra; do un aiuto agli altri preparatori per quanto riguarda gli aspetti legati alla performance e alla preparazione atletica. Metto a frutto l’esperienza che ho maturato in questi anni, sia nel campo della preparazione atletica, che in quello della riabilitazione e anche della scuola, dove devi essere un educatore così come con i grandi atleti. Ho messo insieme questo cocktail di esperienze e alla Sampdoria sono una figura multifattoriale, occupandomi di diversi aspetti. Vivo sei giorni a Genova. E, a parte quando dormo, la testa è tutta su questo lavoro. Oltre alle ore passate sul campo devi prepararti gli allenamenti, molti dei quali individualizzati e personalizzati. Poi devi riflettere su quello che hai visto e modificare in itinere il percorso e le proposte di lavoro. Non credo nel lavoro preparato rigidamente a tavolino».

I motivi per cui i calciatori si infortunano più spesso sono legati a diversi fattori: «Le velocità di gioco sono aumentate, la qualità della vita è peggiorata nel senso che anche i grandi atleti sono più stressati e questo incide. Dopo gli allenamenti avrebbero bisogno di riposare, ma per accontentare gli sponsor devono fare serate, partecipare ad incontri, andare in tv. Anche l’alimentazione è cambiata, la qualità dei cibi non è più quella di una volta. Certo, la medicina ha fatto passi in avanti: vengono diagnosticati infortuni che una volta passavano inosservati. Qui però apro una parentesi: anche il business intorno agli atleti è aumentato e si opera con più facilità mentre a volte, prima di operare, sarebbe bene percorre un’altra strada, che è il trattamento conservativo».

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