Pezzotti, quando Boskov ripeteva: «Noi siamo Sampdoria»
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Pezzotti, quando Boskov ripeteva: «Noi siamo Sampdoria»

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Narciso Pezzotti, ex allenatore in seconda della Sampdoria dal 1984 al 1992, ricorda Bersellini, Boskov e Mantovani

Narciso Pezzotti, ex allenatore in seconda della Sampdoria dal 1984 al 1992, ha ricordato Eugenio Bersellini, Vujadin Boskov e il presidente Paolo Mantovani ai microfoni di sampdoria.it.

BERSELLINI – «Il mio compito era quello di dare all’allenatore tutte le informazioni necessarie a preparare la partita, poi le scelte spettavano ai tecnici. Sono arrivato a Genova con Bersellini dopo due anni al Torino. Abbiamo trovato un ambiente che ancora doveva diventare grande, ma si percepiva già che qui si stesse creando qualcosa di importante».

NUOVA SAMPDORIA – «Quella è stata la Sampdoria migliore di tutta la sua storia, ma era necessario adeguarsi al calcio straniero. Giocando all’estero non bastava proporre un buon calcio, serviva più potenza fisica. L’arrivo di Boskov ha completato questa idea: sono stati comprati giocatori più prestanti fisicamente. È stato questo il passaggio fondamentale».

PERMANENZA ALLA SAMPDORIA – «Boskov aveva bisogno di me come figura tecnica, perché il direttore tecnico non poteva venire in Italia se non aveva come aiutante un allenatore di prima categoria italiana. Bersellini non è stato confermato e il club mi ha chiesto se volessi restare».

BOSKOV – «Una persona di una cultura infinita e un’incredibile capacità di tenere il gruppo. Da fuori si pensava che fosse un burlone, in realtà era attento ai minimi particolari. Nutriva una grande personalità e una grande stima nei confronti di tutti quanti. Diceva: “Noi siamo Sampdoria”, noi rispondevamo: “Cosa vuol dire, non siamo niente per ora. Abbiamo vinto solo una coppa”. Lui ha creato un’immagine della Sampdoria: dalla cravatta in tv al rispetto delle regole».

MANTOVANI – «Mantovani era una persona corretta e semplice, di una grandezza straordinaria. La squadra si identificava in lui, anche quando perdeva il primo pensiero andava a lui. Era un uomo felice e sereno quando stava i suoi calciatori, viveva quell’ambiente. Mi vengono i brividi a parlarne».

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