Ricordi blucerchiati, Vialli: «Mantovani educava i tifosi all'etica del tifo» - Samp News 24
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2015

Ricordi blucerchiati, Vialli: «Mantovani educava i tifosi all’etica del tifo»

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Ieri Gianluca Vialli è tornato a Bogliasco, come vi abbiamo raccontato, e per lui è stato un tuffo nei ricordi. Frammenti che lui stesso riporta alla luce, ai microfoni di SampTv e che parlano di una Sampdoria di tanto tempo fa.  Il bello di allenarsi, Mantovani un educatore sia per i giocatori che per i tifosi, l’ambiente contagioso.

«Non ci sono venuto più molto spesso negli ultimi 22 anni, ma vedo che le cose continuano a cambiare a svilupparsi, i campi, gli spogliatoi, questo vuol dire che la società sta crescendo anche a livello di settore giovanile». È la prima impressione guardando Bogliasco.

«Ho tanti ricordi e mi fa molto piacere che vengano a galla. La Sampdoria è una cosa che ti entra dentro ed è difficile andarsene, ovvio la vita ti porta a volte a dovertene andare ma chi ha la possibilità di rimanere lo fa. C’è chi è nato qua, è cresciuto qua e morirà qua. C’è un grande senso di appartenenza alla Sampdoria, un’amore per la società, per la squadra a prescindere dai risultati e dai clici. Oggi mentre arrivavo ho fatto l’Aurelia e ho raccontato, a chi mi ha accompagnato, che io mi alzavo alle 9:55, uscivo di casa alle 10:05 in tuta e senza calze perché il clima di Nervi e di Bogliasco lo poteva permettere e anche in inverno potevi stare senza giubbotto. E mentre facevo la strada mi dicevo: come fai a non aver voglia di fare allenamento dopo dieci minuti in macchina! Questo è un posto che mi ha sempre ispirato molto. È un posto  dove vivere e fare calcio».

Erano gli anni di Paolo Mantovani, un padre per i tifosi, che ha dato il suo imprimatur: «Il grande vantaggio è che Mantovani interpretava il ruolo di Presidente in modo educativo. Il rapporto con la tifoseria era di rispetto ma c’era anche il tentativo di  educare ad un certo tipo di comportamenti, questo era contagioso e quindi noi giocatori avevamo un grande rapporto con la tifoseria che si sentiva rappresentata dai nostri comportamenti in campo. Non c’era nessun tipo di violenza, c’era tanta chimica e quindi era bello segnare sotto la curva, condividere l’esultanza con i tifosi. L’ambiente ti portava ad essere più coinvolto, andavamo a letto con il pigiama della Sampdoria e nessuno se ne voleva andare».

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