Tre sedi per la Sampdoria, Pinuccia Sardella: «Quanti ricordi meravigliosi»
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Tre sedi per la Sampdoria, Pinuccia Sardella: «Quanti ricordi meravigliosi»

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Tre sedi nella storia della Sampdoria, Pinuccia Sardella e i ricordi blucerchiati: da via XX a Corte Lambruschini

Tre sedi nella storia della Sampdoria, Pinuccia Sardella e i ricordi blucerchiati: da via XX a Corte Lambruschini. Le parole a Il Secolo XIX.

VIA VENTI SETTEMBRE «Entrai nel 1975, come centralinista, in ufficio eravamo 3-4. Dopo i primi anni con Lolli Ghetti iniziò l’era di Paolo Mantovani. Il clima era famigliare, la sede era davvero casa. Si organizzavano cene. C’era lo studio del dottore Chiappuzzo che visitava i calciatori. Ogni sera passavano i giocatori con le famiglie. Lombardo e Cerezo erano delle macchiette, Mancini più riservato, Vialli estroverso. Ricordo quando Luca si presentò camminando in ginocchio ed entrò così nell’ufficio di Mantovani. Esilarante anche quando Mantovani e Borea fecero sentire la Boskov Dance a Vuja, ridevano come matti. Sul terrazzo presentavamo i campioni, con Francis si bloccò via XX. Come per la fila alle biglietterie per le gare di Coppa. Mantovani per farsi perdonare dei disagi, mandava fiori tutti nel palazzo».

ADDIO MANTOVANI«Un mese prima della sua scomparsa si presentò di sera, eravamo pochi. Mani in tasca, entrò nel suo ufficio, osservava, poi si soffermò sui trofei. “Presidente, ha bisogno?”. “No, grazie. Guardo”: Poi andò via lentamente per le scale. “Presidente la aspettiamo, quando viene?” Alzò la mano per salutarmi ma non rispose, aveva il magone».

PALAZZO DEL MELOGRANO«Bellissima, con gli affreschi, enorme, pure troppo. Lì i giocatori venivano ancora spesso, penso a Mihajlovic e signora ma i tempi stavano cambiando. Dagli stipendi consegnati a mano con gli assegni, si passò agli accrediti. C’era l’ufficio di Filippo Mantovani, che scovava talenti nel mondo. Enrico avrà fatto degli errori, ma per troppa fiducia, amava moltissimo la Samp. E negli ultimi tempi, ricordo le contestazioni».

CORTE LAMBRUSCHINI«Meno affascinante ma più moderna, funzionale, ricordo l’ufficio di Marotta, la sala trofei. Quando arrivava Cassano si riconosceva dal vocione ma mi voleva bene. Poi non dimenticherò mai il giorno dell’arrivo di Ferrero, fu scioccante, le facce incredule, uno stacco così netto per chi aveva vissuto l’era Mantovani. Poi nel 2016 sono andata in pensione».

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