Ranieri: «Il calcio è cambiato, la passione dei tifosi no. Mi mancano»
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Ranieri: «Il calcio è cambiato, la passione dei tifosi no. Mi mancano»

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Claudio Ranieri è tra i candidati per il Premio Gentleman Fair Play 2021 dedicato a Gigi Simoni. Le sue dichiarazioni a Il Tirreno

Claudio Ranieri, allenatore della Sampdoria, è, insieme con Andrea Pirlo e Stefano Pioli, nella terna dei candidati per il Premio Gentleman Fair Play 2021 dedicato a Gigi Simoni. Un premio creato dal presidente di Serie B, Mauro Balata, e assegnato in base ai voti dei venti allenatori cadetti. Le dichiarazioni del mister blucerchiato a Il Tirreno.

ESORDIO IN SERIE A«L’esordio in A con la maglia della squadra del cuore non si può dimenticare. È il sogno che diventa realtà. Ma per assurdo di quel debutto ricordo il giorno dopo. Perché i cronisti dell’epoca, nelle pagelle, mi massacrarono. I giudizi furono negativi perché, secondo gli schemi di allora, ero io il marcatore di Simoni. In realtà, e me lo disse Scopigno a fine gara, feci una buona prestazione e non avevo responsabilità dirette sulle reti del Genoa. La Roma attraversava un momento-no: quella fu la terza sconfitta di fila e, tra l’altro, Simoni venne premiato con i voti dei giornalisti come migliore in campo. Quando Gigi è mancato, quella partita è stata la prima cosa che mi è ritornata in mente».

GIGI SIMONI «Se ci pensa bene io e Gigi abbiamo in comune anche la prima promozione. Stagione 1975-76, io difensore del Catanzaro guidato da Di Marzio e lui capo allenatore da inizio stagione con il Grifone. In quel periodo e per buona parte della nostra vita ci siamo identificati in quei due club dove abbiamo trascorso un decennio delle nostre esistenze sportive. Ricordo sfide sempre accese dove era proibito tirare indietro la gamba. Si davano e si prendevano, ma tutto finiva lì sul campo o all’ingresso degli spogliatoi. Lealmente ci si dava la mano e l’appuntamento alla prossima sfida. Quel calcio ha forgiato il mio spirito che poi ho cercato di trasmettere alle mie squadre compresa la Sampdoria dell’ultimo anno e mezzo: dare sempre tutto, dall’inizio alla fine, rispettando l’avversario senza averne paura».

SCELTA DI ALLENARE «Alla panchina sono arrivato partendo dal basso. Nel 1986 in Interregionale con la Vigor Lamezia. Poi in C1 con il Campania Puteolana e poi l’approdo, sempre in terza serie, al Cagliari dove in due anni siamo arrivati in A e abbiamo conquistato una salvezza sulla quale nessuno avrebbe scommesso una lira perché allora c’erano le lire. Senza quelle esperienze non ci sarebbe stato tutto il resto, Leicester compreso. Quando ho iniziato la mia carriera di allenatore ero solo: io e Giorgio Pellizzaro, amico di una vita ed ex portiere del Catanzaro e preparatore dei numeri uno. Lo stesso percorso di Simoni che formava con Sergio Pini, suo ex compagno a Firenze e Mantova, una coppia indissolubile. Rapporti veri, autentici, che durano tutta la vita. In quegli anni si faceva tutto in autonomia: dalla preparazione ai filmati amatoriali sugli avversari con le immagini Rai da far vedere alla squadra con le videocassette. Che tempi eroici, una scuola di formazione importante che ti portava a cercare ogni giorno qualcosa di più. Sono orgoglioso di quella gavetta come, ne sono sicuro, era orgoglioso anche Gigi».

SCONTRO DA ALLENATORE CON SIMONI «Le parole precise non le ricordo. Ma era un incontro tra due persone che si stimavano a prescindere dal fatto che entrambi volevamo vincere. La Cremonese di Simoni era una gran bella squadra. Lui in quella città ha segnato un ciclo, l’ha portata nella storia e ha lanciato tanti giovani. Gigi aveva un suo metodo, una sua filosofia calcistica, ma anche lui era sempre aggiornato e ha sempre cercato di restare al passo con i tempi e con i cambiamenti dello sport. Io ho avuto la fortuna di essere allenato da maestri come Helenio Herrera, Nils Liedholm, Carlo Mazzone, Manlio Scopigno e Gianni Di Marzio e credo sia normale in tutte le professioni “rubare” qualcosa a colleghi più esperti. L’importante è apprendere e non copiare. Apprendere vuol dire studiare, arricchire il proprio bagaglio, adattare qualcosa che hai visto e che ritieni utile al tuo metodo, al tuo credo calcistico. Copiare non ti dà credibilità che poi è la qualità principale in questo benedetto mestiere. Oggi devi dire e chiedere qualcosa a un gruppo di calciatori, oggi molto più numeroso di ieri, con teste, culture, lingue e mondi diversi che devono andare tutte dalla stessa parte».

CALCIO MODERNO – «In mezzo secolo è il mondo che è cambiato e non solo il calcio. Il fattore economico è diventato predominante in tutti i settori e quello che è diventato il nostro sport è solo una logica conseguenza. Credo però che la passione dei tifosi non è cambiata e non cambierà mai. La SuperLega europea sembra tramontata, mi auguro definitivamente, perché i tifosi si sono ribellati vedendo che stavano distruggendo i loro sogni quelli in cui Davide batte Golia e sono loro che hanno costretto a muoversi in questa direzione anche la politica e non solo le istituzioni calcistiche. La dimostrazione che il tifoso vero è vigile, è attento, è pronto ad alzare la voce a chi manca di rispetto allo sport. E i tifosi sono la componente che manca tantissimo».

MOMENTI DI RABBIA«In realtà negli spogliatoi e negli incontri privati con i dirigenti e i calciatori ho perso le staffe più volte di quanto si racconti in giro. Certo, sempre in privato, perché nel nostro lavoro abbiamo un ruolo pubblico e quando parliamo ci ascoltano milioni di persone. Per carità, ci sta poi che ogni tanto ci scappi una frase sbagliata, una dichiarazione forte, polemica, però l’attenzione educativa non può mai mancare. L’ironia poi fa parte di ognuno di noi. Io, da romano, sono cresciuto fra le battute che stemperano e non offendono. Simoni era della provincia di Bologna e ha poi vissuto per venticinque anni in Toscana dove l’ironia è l’anima di tutta la regione».

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