Zapolla, Club il Tamburino: «Ci battiamo per trasferte più sicure, più rispetto per i tifosi»
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Zapolla, Club il Tamburino: «Ci battiamo per trasferte più sicure e rispetto per i tifosi»

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Esclusiva SampNews24 – Un viaggio attraverso il mondo blucerchiato nelle parole di Mauro Zapolla, addetto stampa del Club Il Tamburino di Pegli

Resteresti a parlare delle ore con Mauro Zapolla, addetto stampa del Club Blucerchiato Il Tamburino: la passione, la storia, il modo di raccontarti la Sampdoria con trasporto ti fanno capire che c’è qualcosa di più dietro a quel pallone che rotola sul manto erboso per novanta minuti di gioco, c’è qualcosa di più oltre a quegli undici giocatori per parte. Farsi raccontare la storia del Tamburino di Pegli, club dedicato ad un tifoso storico come Damiano Damoia (perché la Sampdoria è i suoi tifosi), è come fare un tuffo nel passato per farsi accompagnare nel presente attraverso tutti i cambiamenti che ci possono essere stati nella concezione del tifo e della vita dei club. Ed è proprio questo cambiamento, nel modo di vivere la Sampdoria, che traspare fin dalle prime battute scambiate con Mauro: «È un peccato che i club storici stiano scomparendo, purtroppo dietro alla vita dei club c’è tutto un apparato organizzativo importante che forse viene sottovalutato, io non smetterò mai di ringraziare Sina Borrello, che è l’anima del club e quella che si prende sulle spalle il maggior carico, è grazie a lei oltre che a tutti gli altri che il Tamburino continua ad essere attivo. Per esperienza decennale ci sono delle specificità che hanno portato ad un cambiamento nel vivere il club: negli anni settanta non c’erano molte cose che i ragazzi d’oggi hanno, tra telefonini, social network e altri svaghi, all’epoca c’era il club come punto di ritrovo per parlare di Sampdoria. Ci si ritrovava lì, si parlava, ci si confrontava. Oggi è molto diverso. I club forti nacquero nei tempi difficili, la tifoseria organizzata è una parte fondamentale della Sampdoria».

LA SEDE E LE INIZIATIVE – «La sede del Tamburino è a San Carlo, purtroppo come detto le sedi vengono poco frequentate, noi per riportare le persone al club cerchiamo di organizzare mangiate e altre iniziative adatte a tutti, anche in periodi come quello estivo per creare aggregazione. I club uniscono diverse generazioni e, proprio perché nel Tamburino ne abbiamo tanti di giovani, che vengono da tutte le parti di Genova, come quelli di Sestri che non hanno più un club e si sono uniti a noi, abbiamo deciso di togliere la scritta Pegli dalle sciarpe. Abbiamo sempre cercato di organizzare e continueremo a organizzare le trasferte. Diventa sempre più difficile riempire i pullman per quello che è diventato il calcio moderno tra restrizioni e orari poco agevoli, per questo motivo abbiamo cercato di fare coesione tra i club, l’organizzazione è fondamentale. I nostri trasfertisti portano sempre con loro la bandiera del Tamburino, sono andati a Roma, a Palermo e quando la Sampdoria era in Serie B in stadi non proprio agevoli come Cosenza, noi come club abbiamo fatto 530 trasferte in giro per l’Italia. Alla fine il tifoso Sampdoriano è strano: quando la squadra ha un andamento medio magari diventa abulico, quando va male tende ad unirsi».

LO STADIO E LA VITA DA TIFOSO – Quando si inizia a parlare di stadio, ma soprattutto di sicurezza, Zapolla si accende: «È un tema delicato e ci sarebbe tanto da dire. Ormai ci sono tante restrizioni, perquisizioni, anche per i possessori della tessera del tifoso. Viene quasi da chiederti a cosa serva avere la tessera se quando vai allo stadio, soprattutto in trasferta, vieni sottoposto a controlli quasi come se fossi un delinquente. La tifoseria della Sampdoria ha sempre tenuto un comportamento consono, non ha mai dato dimostrazione di meritarsi questo trattamento. Siamo un paese maturo e sarebbe bello che venissero tolte quelle barriere che dividono la tifoseria dal campo. È importante che ci siano delle regole e che queste vengano fatte rispettare, ma che ci sia la giusta tolleranza verso altri aspetti. Prendiamo gli striscioni ad esempio. Non sempre viene permesso che facciano ingresso allo stadio: anche quelli che magari portano messaggi importanti come l’aiuto e il sostegno ai terremotati. Voleva essere un modo per dirgli che non erano soli. Noi abbiamo portato in trasferta uno striscione per Lele, la mamma ce lo aveva chiesto, perché era un grandissimo tifoso della Sampdoria, abbiamo riscontrato problemi anche per quello. Il problema è che manca la gente competente che si occupi dello stadio. La trasferta non deve essere trasformata in una specie di convoglio di deportati, con autogrill chiusi, scorta e tutto il resto. In Inghilterra, come ci è stato raccontato da persone che conoscono il calcio inglese, il fenomeno degli Hooligans non è stato debellato mettendo delle barriere negli stadi. Loro hanno continuato a picchiarsi fuori, ma le pene che seguivano al compimento di azioni illecite dentro allo stadio erano talmente esemplari che fungevano da deterrente: se tu lanci un accendino in campo, sono gli altri tifosi innanzitutto a segnalarti agli stewart che ti prendono e lì vieni processato per direttissima. Questo manca in Italia. Una cosa che mi dispiace è che gli stadi vanno progressivamente svuotandosi, il calcio non è solo la partita sul campo sono anche i tifosi sugli spalti che la vivono. Il bello della Sampdoria, sono proprio i suoi tifosi. Non può esistere il calcio con gli stadi vuoti, il calcio senza tifoseria muore».

SICUREZZA DURANTE LE TRASFERTE – Ma la sicurezza parte anche dall’essere adeguatamente equipaggiati a fronteggiare qualsiasi situazione si verifichi. Zapolla, ha lottato tanto assieme alla Federazione, affinché i pullman fossero dotati di valigette di pronto soccorso: «L’esperienza mi ha dimostrato come sia fondamentale avere sul pullman una dotazione minima anche per poter fornire agli operatori del primo soccorso le informazioni utili una volta arrivati sul posto. Sono orgoglioso di poter dire che cinque pullman, andati in trasferta, erano tutti dotati di una dotazione di pronto soccorso con ossigenatore, macchina della pressione. È fondamentale, noi come Tamburino poi abbiamo la fortuna di avere poi sempre una persona competente che viene in trasferta con noi. Una cosa per la quale mi sono anche battuto è avere un martelletto per spaccare il vetro in caso di necessità, non sembra importante ma magari avere un martelletto può fare la differenza tra salvare delle vite o rimanere intrappolati».

LA SAMPDORIA, SOGNI E OBIETTIVI – Quello che non ci possono togliere sono i sogni, non ci potranno togliere la maglia blucerchiata: «Il calcio è mano ai procuratori, per quello noi non ci affezioniamo più ai giocatori, quelli vanno e vengono. Per noi viene prima la Sampdoria e la sua maglia, poi tutto il resto. Non ci sono più le bandiere, sono rimaste solo le aste, non ci sono più quei giocatori che si identificano con la maglia, questo lascia un po’ l’amaro in bocca. Vivano e il tatuaggio blucerchiato? Il gesto che ha fatto è molto bello e significativo va apprezzato. Non vogliamo giocatori che facciano i tifosi, gente che bacia la maglia e poi va dove prende di più. Ma sicuramente l’essersi fatto quel tatuaggio ha un grande significato di attaccamento. Campionato a parte, noi teniamo tanto alla Coppa Italia, anche se la formula ormai tende ad agevolare le grandi squadra e anche il fatto che la finali si giochi a Roma è penalizzate se non sei una delle due squadre della capitale. Nel tempo questa competizione è molto cambiata, mi ricordo che ai tempi di Mantovani era quasi considerata una competizione di secondo livello, mentre adesso se vinci la Coppa Italia hai quasi un’investitura maggiore. Paolo Mantovani teneva alla Coppa Italia, dopotutto è un trofeo che finisce in bacheca, se lo vinci. Per questo bisognerebbe tornare a onorarla».

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