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2013

Studio Live – Gastaldello: «Le bandiere ormai non esistono più»

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Tante belle parole, da capitano vero. Daniele Gastaldello, ospite di Studio Live su Samp Tv, ha ampiamente parlato del magico momento che sta affrontando la Sampdoria targata Mihajlovic. Tre le parole chiave: fiducia, certezza, convinzione:

«Il fatto che si sia usato sempre il solito modulo, sempre lo stesso modo di giocare ci è stato di aiuto, sappiamo cosa fare.
Il mister ci ha dato autostima e certezze, poi per quanto riguarda voglia e spirito se andiamo a vedere qualche sprazzo di partita con Rossi si è visto lo spirito di squadra (pareggio con il Cagliari, recupero contro il Sassuolo). Se la quadra non fosse stata unita, tanti risultati non andavi a riacciuffarli. Poi, per tante cose è vero, non stavamo facendo bene, ma siamo cambiati, il mister ci ha dato autostima, fiducia, ci ha fatto capire che siamo bravi e se diamo il 100% possiamo anche perdere ma anche gli altri devono essere bravi.

Il mister è stato un calciatore di grandissimo livello, conosce le dinameniche dello spogliatoio, conosce le dinamiche dei ragazzi, riesce a capire – da persona intelligente – quando è l’ora di aiutare un ragazzo o quando è l’ora di bastonare chi non ha la testa in campo. La bravura di un mister deve essere anche quella. Saper gestire un gruppo significa dare i giusti spazi e toglierli ai giocatori quando serve. Ora sta facevo benissimo, quando è arrivato ci siamo messi al 100% a disposizione come sempre fatto. In queste partite è contento di come la squadra lo stia seguendo e sono contento anche io, perché conoscevo già da prima il valore dei miei compagni. E sono contento ora che le cose si mettono bene e, allo stesso tempo, esorto la squadra a dare ancora di più. I risultati che stiamo facendo adesso possono migliorare ancora, penso alla partita di Milano contro l’Inter, se si continua così non dico che le vinceremo tutte, però se riusciamo a crescere come mentalità facciamo un grande passo.

Tutto può agevolare se fatto con convinzione. Se non ci credi o hai paura, stai certo che il gol lo prendi. Questa è la prima cosa che ci ha detto il mister, poi noi andiamo in campo a fare il nostro gioco, noi giohiamo così e dobbiamo costruire una mentalità per giocare così. Possono starci errori e ingenuità, ma questo non deve abbarrerci: tanti errori servono anche a crescere. Sbaglieremo ancora tanto, poi se lo faremo in buona fede i risultati arriveranno. Stiamo costruendo la mentalità offensiva, che magari per noi difensori è pericoloso, però se lo fai con la giusta convinzione magari è anche più facile per noi, perché arrivano palle sporche e le respingi meglio, l’importante è farlo al massimo e crederci tutti.

Essere capitano è un onore, la fascia qui l’ha portata gente più importante che ha fatto di più, per cui se penso al passato di questa società è un onore. Dal punto di vista personale, quando sono arrivato, se qualcuno mi avesse detto che sarei diventato capitano, avrei risposto che sbagliava. E invece è successo, ne sono orgoglioso e lo dico sempre alla mia famiglia, essere arrivati fin qui, si poteva fare di più, ma sono stra contento. Poi sulle bandiere il discorso è delicato, il calcio purtroppo è cambiato molto, però bisogna adeguarsi anche a questo. Una volta il calcio era vissuto più “pane e salame”, mentre adesso ci sono più televisioni, più interessi televisivi ed econominici più che sportivi; è cambiato il modo di divere lo spogliatoio, il mondo è cambiato radicalmente. Per cui penso che le bandiere non esitano più.

Sette anni fa, quando sono arrivato, era già tanto essere qui. Ora sono il capitano e penso di essermelo guardagnato anno dopo anno col sacrificio. Mi rende felice e orgoglioso ogni giorno, per cui io sono solo felice di essere qui e penso che essere capitano per me valga tanto. Però dentro lo spogliatoio voglio trasmettere il fatto che non deve essere il capitano l’unica persona che tiene alla maglia, tutti quanti devono avere il senso di appartenenza alla maglia. Si è vero ora ogni sei mesi si cambia squadra, però se uno non ha dentro di sé la voglia fa tanta fatica. E’ una cosa che nasce dentro ognuno.

Quando sono arrivato era già tanto stare qui ma giorno dopo giorno cercavo di fare qualcosa in più: lavoravo per raggiungere il posto da titolare fisso, poi lavoravo per giocare in coppa, mi son sempre posto motivazioni per arrivare e non sono mai contento. Quando le cose vanno male mi incazzo perché ho un obiettivo che vorrei raggiungere domattina. Parlo della salvezza.

Negli ultimi 4 anni sono invecchiato di 10. Scherzi a parte, l’anno della Champions League è stato vissuto con gioia e spirito di vittoria, da lì in poi è stata dura, ogni anno c’è stato sempre qualche problema che poi ci abbiamo messo tempo a risolvere. E’ stata davvero dura, anche dal punto di vista personale oltre che calcistico. Non rendevo al 100% perché mi incazzavo e questo influiva nelle mie prestaioni, è un difetto mio, prendo troppo di petto le cose. Ma sono fatto così, se vedo che le cose non vanno bene mi incazzo.

Un mio gol? Spero anche io di segnare, ultimamente non ne sto facendo tanti quindi ci spero. Il derby è una ferita molto aperta perché quest’anno si poteva sbagliate quansiasi partita tranne quella, dobbiamo abbassare la testa e non voglio nemmeno chiedere scusa: è tutto davanti agli occhi di tutti ciò che è stato. Al ritorno cercheremo di dare loro pan per focaccia, come si suol dire. Ma prima ci saranno tante partite importanti, cercheremo di arrivare al derby sopra di loro in classifica.

In Europa? Io mi pongo sempre obiettivi più grandi, non mi accontento mai, quest’anno pensavo di raggiungere obiettivi più alti, lo dico onestamente. Nel calcio mai dire mai, l’anno del quarto posto si parlava di salvezza a gennaio, per cui mai dire mai, gli obiettivi possono anche cambiare: pensiamo alla clssifica tranquilla poi vedremo.

Le prossime due partite daranno il metro di giudizio per tutta la stagione: se fai bene preni lo slancio. Ora abbiamo il piede sull’acceleratore e dobbiamo ancora schiacciarlo del tutto; se noi prendiamo lo slancio, gli altri restano bassi, 3 punti in più a noi, nessuno agli altri. Ovunque andremo, son convinto che il mister preparerà la partita per vincere, noi andiamo lì giochiamo come sappiamo, imponiamo il gioco e diamo il massimo. Di certo non giocheremo per un punto, anzi esorterò tutti i miei compagni ad accelerare di più: stiamo facendo bene ma ancora non basta, dobbiamo essere più determinati e più cattivi.

Per quanto mi riguarda io vedo più l’aspetto caratteriale che quello sportivo passato in un allenatore. Tanti ex bravi giocatori non sono riusciti a far bene l’allenatore perché è un lavoro difficile, io guardo l’aspetto caratteriale e quello del farsi rispettare: l’allenatore deve fare delle scelte che sicuramente sono difficili, deve avere personalità e saper imporsi con le proprie idee alla squadra. E’ normale che in allenamento cerchi di estremizzare il lavoro, fai giocare in inferiorità numerica per simulare ciò che può accadere la domenica, però se riesci a gestire bene la situazione e a muoverti tutti insieme in maniera coordinata e sincronizzata non è facile, l’altra squadra deve esere brava.

Oggi abbiamo lavorato su questo, il mister ci ha spronati e ha detto delle parole importanti anche a quelli più giovani ed è importante: sa come spronarli e dice le parole giuste. Sono cose positive, ti trasmette fiducia nel lavoro, così hai lo spirito giusto anche quando ti alleni, non è solo a parole ma anche coi fatti. Se fai le cose fatte bene, ti diverti».

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