Tirotta: «Ferrero è uno stuzzicadenti rotto. Tifosi, andiamo a testa alta»
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Tirotta: «Ferrero è uno stuzzicadenti rotto. Tifosi, andiamo a testa alta»

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Le parole di Enzo Tirotta, storico leader della Gradinata Sud, sulla situazione della Sampdoria e gli sfottò dei tifosi del Genoa

Enzo Tirotta, storico leader della Gradinata Sud, ha parlato della situazione della Sampdoria, ai microfoni di Good Morning Genova.

OTTIMISMO«Io ho un problema. Sono sempre molto ottimista. In questo caso qua, però, credo di portare a supporto del mio ottimismo, una situazione oggettiva: la Samp è un bene acquistabile. Chi fa investimenti, contrariamente a quanto detto settimane fa da uno dei più importanti industriali italiani, lo fa soprattutto andando a cercare aziende in crisi da risanare, quindi l’esatto contrario di quello che è stato detto».

FERRERO«Questi due mesi di commissariamento danno poteri straordinari al CdA e all’esperto nominato dalla camera di commercio che, intanto, mettono fuori gioco Ferrero. In questo momento qua, Ferrero non è più interlocutore di nessuno. Ferrero è soltanto uno stuzzicadenti rotto, in questi due mesi qua, perché possono operare in maniera autonoma. Non sarà semplice estrometterlo definitivamente. La Sampdoria ha una situazione debitoria che, per legge, è molto rimodulabile, diciamo così, possono ottenere sconti sul debito che, in altri momenti, non possono ottenere, di cui circa la metà con le banche che, lo sappiamo, non vorrà perdere i suoi denari e, quindi, ci sarà fino alla fine. Insomma, ci sono le condizioni ideali perché venga fatto da qualcuno un investimento».

UNIONE – «Anche la nostra Gradinata, ad un certo punto, si è disgregata. C’è stata voglia, negli anni ’90, da parte delle persone di auto rappresentarsi e la voglia di dire quello che pensavano. Questo ha portato ad una disgregazione dei punti di aggregazione. L’abbiamo vissuta anche noi, è durata per tanto tempo, fino a che non c’è stato un continuo riavvicinamento e si è deciso di riunirsi, ognuno con la propria storia, ognuno con la propria indipendenza, al piano di sotto, tutti insieme, dietro ad una bandiera sola che è quella della Samp. C’è dietro un lavoro di tutte le anime. Questo è iniziato alla fine del lockdown, ad aprile ed è stato deflagrante, perché siamo partiti alla grande e stiamo andando, da un anno e mezzo, alla grandissima. Tieni presente che io mai ho visto in un ambiente che retrocede e rischia il fallimento, non la coesione ma questa voglia di partecipare. Anche il tifoso normale si è avvicinato alle anime più calde. Questo anche perché le manifestazioni di dissenso contro Ferrero o le contestazioni alla squadra ad ottobre, sono state, civili. Se si parla solo dei contenuti che hanno spinto la manifestazione o la contestazione, allora hanno successo. Pensa a Samp-Spezia, sospesa cinque minuti: di solito sono situazioni che vanno avanti un’ora, poi può scappare di mano. Non è successo, come al corteo di novembre sotto la sede. Anche nelle manifestazioni più estreme, si è sempre poi parlato del contenuto. Questa è maturità, intelligenza. Non è una cazzata da niente ed è merito di chi ha organizzato e gestito quella protesta. E si è parlato solo di questo».

CAMBIAMENTI«E’ cambiata la civiltà, la cultura cittadina. Chi abitava nel centro storico nel dopoguerra? O i vecchi genovesi, o, in alcuni posti, chi arrivava da fuori. Il centro storico era un mix di vecchi genovesi con i nuovi operai, che venivano a lavorare in porto. Poi, piano piano, i signori si sono allontanati, è continuato questo popolamento di foresti, fino ad arrivare quasi il quartiere di chi arrivava da fuori Genova. Oggi, si è di nuovo capovolta la situazione. Con la riqualificazione del centro storico, non c’è più l’individuazione del cosiddetto ghetto, per chi arrivava da fuori, del centro storico. Nel mentre Marassi che era un quartiere quasi esclusivamente genoano ha risentito di questo, così come Sampierdarena, che erano quasi esclusivamente sampdoriana, ha risentito di questo miscelamento di persone di provenienza diversa e, di questo, ne risentono anche le tifoserie. Difficilmente 50 anni fa un meridionale avrebbe tifato Genoa, arrivato da cinque anni. Oggi è l’esatto contrario, forse».

TIFOSI«Quest’estate, bisogna tenere la testa bassa, far passare l’onda, poi, quando è passata l’onda, rialzeremo la testa. A me diverte tanto l’idea di menarlo, che, pur di menarlo, sono anche disposto a farmelo menare un po’. Quando lo meno io non faccio prigionieri, adesso me lo menano, ma bisogna essere bravi per menarmelo».

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