Ulivieri: «Grosso alla Sampdoria? Sa di calcio ed è equilibrato»
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Ulivieri: «Grosso alla Sampdoria? Sa di calcio ed è equilibrato»

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Renzo Ulivieri, ex allenatore promosso con la Sampdoria nel 1982, ha fatto il punto sul club blucerchiato e su Fabio Grosso

Renzo Ulivieri, ex allenatore promosso con la Sampdoria nel 1982, ha fatto il punto sul club blucerchiato e su Fabio Grosso. Le sue parole a Il Secolo XIX.

1982«Si veniva da cinque anni di Serie B: fu una liberazione. La sera della promozione girai tutta la notte in macchina tra le strade di Genova per vedere i tifosi in festa».

MAESTRI«Quando ai corsi per allenatori mi chiedono chi mi ha insegnato di più nella vita dico sempre: un professore di filosofia, un prete e Paolo Mantovani. Il presidente mi ha fatto scuola, venivo da San Miniato, dalla campagna toscana, mmi ha fatto capire come stare al mondo, come allenare un club così importante».

PROMOZIONE IN A «Con Sampdoria e Bologna l’ho conquistata sul campo. A Genova subentrai dopo poche giornate, partimmo forte, poi a dieci turni dal termine sembrava finita, fu decisiva la vittoria a Bari. Fu un successo di popolo: tifosi, società, calciatori, ognuno fece la sua parte per l’impresa. La nostra forza? Giocatori bravi che stavano bene insieme. In B devi sapere che il momento difficile arriva per forza, la differenza la fa la gestione, venirne fuori senza intaccare i valori e l’unità del gruppo, deve emergere l’animo da cooperativa. Con il ritorno in A iniziò un’epoca irripetibile nel calcio moderno ma spero che si possa tornare ai tempi in cui vincevano Sampdoria, Fiorentina, Cagliari, Verona».

GROSSO – «In realtà pure io ero libero… no, scherzo. Ho 82 anni e tifo per i ragazzi che fanno il corso a Coverciano, di Fabio apprezzo l’equilibrio, oggi non basta sapere di calcio e comunque lui ne sa molto come ha dimostrato a Frosinone. Lui alla Sampdoria e Gilardino al Genoa: sarebbe bello. A Genova è sempre derby, anche se sei in categorie diverse. Sono sampdoriano sfegatato, ma non riesco a essere anti-genoano. Forse perché il mio vero derby era tra san Miniato basso, dove c’eravamo noi operai e contadini, contro San Miniato alto, borghesia e nobiltà, sono rimasto a quello».

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